È il capitolo conclusivo di un'ideale trilogia familiare, partita con Mio fratello è figlio unico e proseguita con La nostra vita, ed è il suo film più riuscito, più maturo. In Anni felici, Daniele Luchetti rievoca una cruciale stagione della sua infanzia, quando i genitori si divisero. (...) Il modello di base del cinema di Luchetti è la commedia italiana classica, con le sue solide radici (neo)realiste, la sua vocazione a mescolare ironia e dramma. Ma il nostro, che non a caso anni fa indicò Alberto Lattuada come cineasta di riferimento, è anche un formalista che lavora a rinnovarsi, aperto ad assorbire stilemi e atmosfere. Qui, e lo diciamo in senso del tutto positivo, avvertiamo echi fenomenologico impressionisti tipici della nouvelle-vague, e non solo causa una vacanza, per Serena galeotta, su un selvatico litorale provenzale battuto dal vento di Mistral; e il gioco della memoria a tratti assume una struggente, volatile rarefazione che fa pensare al Malick di The Tree of Life. Ma si tratta di spunti perfettamente amalgamati e messi al servizio di un progetto coerente e personale. A dare pregnanza ai protagonisti provvede un cast intonatissimo, in cui spiccano un sensibile, lacerato Rossi Stuart e una intensa, vulnerata Ramazzotti. |
Alessandra Levantesi Kezich - La Stampa |
Un film plasmato su una delle sceneggiature italiane più belle scritte in questi ultimi tempi, ambientata nell'Italia dell'anno del referendum sul divorzio, quando essere anticonvenzionale era considerato un «must» e definirsi borghese quasi un'infamia. E' l'ambiente nel quale è cresciuto Daniele Luchetti, in quelli che per lui erano «anni felici», tanto da dedicargli un film, tra verità e finzione, sulla sua famiglia. Più che il racconto di un'epoca, Anni felici è l'esaltazione di un sentimento, quello della passione, che può alimentare un rapporto d'amore ma anche distruggerlo. (...) A colpire è non solo lo script, incisivo e affascinante, ma anche la bravura dei suoi interpreti. Kim Rossi Stuart è perfetto nei panni dell'artista, sempre in cerca di conforto, che ama la sua donna ma vorrebbe fuggirle, trovando la vera ispirazione nel momento della solitudine. Straordinaria e intensa è Micaela Ramazzotti che, grazie alla regia di Luchetti, raggiunge l'apice della sua carriera. Un gran bel film, furbescamente sottratto a Venezia. |
Maurizio Acerbi - Il Giornale |
...Ardito il tentativo poetico, meno la forma: la scelta del narratore in voce over è inconsulta, la libertà espressiva qui e là s'inchina al grande pubblico, ma l'emozione rimane, la storia prende. Scatti rubati da Luchetti all'album privato e restituiti a una famiglia chiamata cinema. |
Federico Pontiggia - Il Fatto Quotidiano |
...Qualcosa però non funziona in questo filmino familiare - anche omaggio alla pellicola cinematografica. 'Gli Anni felici' di Luchetti sono infatti anche quelli di Rulli e Petraglia - autori col regista della sceneggiatura - e il sentimento della soggettivissima memoria nelle loro mani si riempie di quel moralismo giudicante «a posteriori» con cui i due sceneggiatori (che pure in quegli anni erano molto presenti) riscrivono la storia d'Italia - da La meglio gioventù al mistificante Romanzo di una strage. E così i ricordi del ragazzino affollano stereotipi, in una necessità di ridicolizzare un'epoca che non è nemmeno la rabbiosa resistenza di un bambino solo (il punto di vista non è unicamente quello di Dario), o la ricerca di un ordine contro il terrorismo paterno - come accadeva in 'Colpire al cuore' di Amelio. Piuttosto è quell'ammiccamento, un po' sfottò, contro un pezzo della nostra Storia che chissà perché bisogna demolire. O almeno farne la macchietta. |
Cristina Piccino - Il Manifesto |
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Roma, 1974. Dario è il figlio di dieci anni di Guido (Kim Rossi Stuart) e Serena (Micaela Ramazzotti), coppia che si ritrova in piena crisi sentimentale. Appartenente a una famiglia di intellettuali creativi che ha fortemente criticato la sua scelta di sposare una ragazza di una famiglia di venditori riusciti, Guido sogna di diventare un celebre artista mentre la dolce moglie Serena sembra preoccuparsi solo della felicità altrui. Insieme al fratellino Paolo, Dario è testimone con la sua cinepresa a mano dei dissapori tra i genitori, mentre vive sulla propria pelle le conseguenze di una famiglia sull'orlo della rottura. Luchetti firma la sua opera più ambiziosa, provando con audacia a mostrarsi "autore" e intessendo una tela, personale e originale, grazie alla quale riesce a contenere anche alcune derive negative tipiche del cinema italiano. La materia che prende forma vuole essere quella è quella della memoria di una famiglia: camera a mano, primi piani che finiscono per diventare struggenti dettagli, il flashback, Il Super8, due canzoni dell'epoca… |
LUX - ottobre 2013 |