Ad
ogni autunno, nella ormai classica cornice di
Palazzo Zabarella, a
Padova la Fondazione Bano e la Fondazione Antonveneta, propongono
una mostra memorabile. di sapore eccezionale [anche per il
prossimo - e l’aspettativa è grande – i veri cultori ed
appassionati d’arte non rimarranno delusi, visto che il tema
particolarmente sfizioso sarà Simbolismo in Italia…] E quella
offerta al pubblico da ottobre 2010 a febbraio 2011 non ha tradito
le aspettative visto che è stata, tra l’altro, la prima rassegna a
prendere in considerazione il ritratto nell'àmbito di tutto
l’Ottocento italiano. Una grande peculiarità l’ha distinta: per la
prima volta son stati messi a confronto ritratti dipinti e
ritratti in scultura, mettendo in rilievo le affinità e le
profonde differenze tra le due tecniche. Tra i dipinti molti
inediti, o mai visti, di pittori importanti, come Appiani, Hayez,
Piccio, Signorini, Corcos, Modigliani. E poi il ritratto come
scavo psicologico, anche del sé, da parte dell’artista. Come
affermava Oscar Wilde : “…ogni ritratto dipinto con passione è
il ritratto dell’artista, non del modello. Il modello non è che il
pretesto, l’occasione. Non è lui che viene rivelato dal pittore,
ma piuttosto il pittore che sulla tela dipinta rivela se stesso”.
>> |
Di
anno in anno ogni festival dedicato alla settima arte cerca di
organizzare, proporre e riflettere, più o meno parzialmente, la
condizione attuale della produzione cinematografica. Grazie ai
festival è possibile guardare il cinema senza vincoli geografici
ed elaborare un’idea più complessa e stratificata sulle forme che
permettono al cinema di manifestarsi come complesso sistema di
comunicazione e sintesi della ricerca visiva ed estetica del
presente appena trascorso. Molti fattori determinano poi la
riuscita e la graduale importanza o riconoscimento di un festival
di fronte agli altri eventi della stessa natura. E il
Torino Film Festival
incarna di certo, nella sua proposta chiara e coerente fin dal
principio, e allo stesso tempo amalgama sapido e saziante di
percorsi e realtà difformi ma ugualmente necessari, una
possibilità di osservazione irrinunciabile sul cinema, perché di
rado, così come avviene in questo festival, si ha la sensazione di
poter assistere in ogni momento ad una rivelazione, o anche alla
semplice intuizione di quanto ancora si possa raccontare e
soprattutto, quanto si possa imparare da ciò che è già stato
raccontato.
Arrivato alla ventottesima edizione, nonché la seconda sotto la
direzione artistica di Gianni Amelio ( “Il direttore di un
festival alla seconda esperienza può cadere nella trappola di
volere di tutto e di più...”) anche quest’anno la rassegna
torinese è riuscita a incanalare nelle numerose sezioni, opere e
autori che - come spesso capita, a conti fatti - meriterebbero più
di uno sguardo critico.
>>
|
|
Ci sono
notizie che fuggono veloci, ci sono lutti culturali su cui non ci
si sofferma abbastanza.
Per alcuni di noi, cresciuti confidando che la televisione di
stato fosse un approdo mediatico di riflessione e approfondimento
e che il giornalismo potesse non trascurare mai l'arguzia e gli
stimoli intellettuali necessari a confrontarci con la
quotidianità, la figura di
Beniamino Placido resta un punto di
riferimento, una personalità che ha saputo lasciare un segno
distintivo dovunque sia passato.
Basta
riandare alla sua presenza sul palinsesto RAI con 16 e 35 (un
occhio critico sul cinema intriso di "americana universalità") e
ai suoi impagabili interventi su la Repubblica, stabilizzatisi per
alcuni anni nella rubrica A parer mio, poi in Nautilus... Ad ormai
un anno dalla sua scomparsa (Cambridge, 6 gennaio 2010) vogliamo
ricordarlo per quella che crediamo fosse una delle sue
caratteristiche migliori, la capacità di tradurre in un linguaggio "popolare" concetti di vitale complessità. In tal senso il
nostro coccodrillo postumo pesca a piene mani da un suo magistrale
articolo sulla divulgazione del 1982. Un breve saggio in cui, come
sempre, Placido si diletta in citazioni e divagazioni, ma in cui
non perde mai di vista l'obiettivo principe del suo intervento.
Far percepire a chiunque, cattedrattico e non, la feconda
propulsione di una corretta azione divulgativa. (e.l)
|
la Repubblica -
aprile 1982 |
>> |
|