da La Repubblica (Roberto Nepoti) |
L'atteggiamento
sprezzante di una concertista di fama impedisce alla piccola Mélanie di
superare il concorso d'ammissione al conservatorio. Una decina d'anni
dopo, il marito della pianista assume Mélanie, divenuta una ragazza
riservata e taciturna, per occuparsi del loro figlio. La giovane, invece,
si rivelerà indispensabile alla sua antica esaminatrice girandole le
pagine delle partiture durante i concerti; e ciò proprio mentre questa
comincia a perdere la fiducia in se stessa. |
da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro) |
Come in un classico melò, La voltapagine è la storia di un intricato rapporto tra due donne. Una giovane bambina prodigio pianista bocciata agli esami del Conservatorio e una famosa e bella solista, moglie felice e madre di un ragazzino che sembra anch' egli molto dotato per il piano. Quando una ragazza si presenta come babysitter ecco che diventa in fretta anche la voltapagine di musica per i concerti della signora: un compito riservato e difficile in cui ci vuole tempismo e sintonia, basta un attimo e crolla tutto. E sono queste le doti di un bellissimo thriller agitato dentro da sentimenti inespressi e misteriosi come il fascino dell' attrazione, del dubbio, dell' ambiguità. Il deb regista Denis Dercourt, rivelatosi a Cannes ' 06, è anche un violoncellista e tiene che questo suo film vibri come una partitura. Naturalmente tutto ciò è molto francese e l' ambientazione nel covo piccolo borghese di provincia fa pensare a Chabrol e ai suoi grovigli di vipere; ma nelle credenziali (la scena in piscina cita Il bacio della pantera di Tourneur) ci sono altri prototipi, da Eva contro Eva a Il servo di Losey, analisi di un rapporto moral-sociale. La voltapagine è una storia ricca di doppie e triple letture perché finisce che scoppia l' attrazione reciproca, odio amore alla grande: teniamo il segreto e consigliamo il film a quel pubblico attento più alle faccende nostre che agli extraterrestri. Ma gli affetti possono essere fantascientifici, come dimostra il talento cinico dell' autore e sceneggiatore che tiene il tempo del film come fosse musica e non arretra neppure di fronte ai sentimenti peggiori, battendo con forza sulle note. È il fascino del cinema psicologico fatto di silenzi e sguardi, interessato all' arte micidiale della manipolazione, della distruzione e valorizzato qui da attrici fantastiche, Catherine Frot, commediante di razza che sa nascondere il dramma, e la giovane non certo inesperta Dèborah Francois, col carrozzino nell' Enfant dei Dardenne. Ogni occhiata va a segno. |
da Il Messaggero (Fabio Ferzetti) |
Le mani delicate di una fanciulla volano sui tasti di un pianoforte. Le mani robuste di un uomo afferrano un blocco di manzo, spezzano, affettano, ne fanno cotolette. L'uomo, macellaio, è il padre della piccola, pianista di sicuro talento. Ma il giorno dell'esame in Conservatorio qualcosa va storto. Un'esaminatrice, famosa pianista, si distrae scioccamente mentre Mélanie esegue Bach. Catastrofe. Mélanie perde il filo, il ritmo, la musica. Addio sogni. Il busto di Beethoven finisce nel cassetto. Passano anni, ora Mélanie è una giovane sola, bella, seria, triste. Fa l'archivista da un grande avvocato. E aspetta. Aspetta l'occasione perché l'avvocato, molto ricco e molto innamorato, ha una moglie, celebre pianista, e un bambino che suona pure lui... Ma quando scatterà la vendetta, e come? E' qui che il regista, ex-solista di viola, cala gli assi. Erotizzando poco a poco quella biondina compunta, pronta a rendersi indispensabile in casa e poi in sala di concerto, e lavorando di sospensione, atmosfere, non detto. Ci si aspetta un horror, ci si trova di fronte a un esercizio sado-maso, più mentale che fisico, esaltato dalle attrici e dall'uso sapiente della musica. Non abbastanza originale e imprevedibile, forse. Ma elegante, ambiguo e affilato quanto basta. |
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