da L'Unità (Alberto Crespi) |
Al
terzo lungometraggio, il francese Laurent Cantet cambia epoca e luogo, ma
non registro: parla sempre dei rapporti di potere e di classe che si
instaurano fra gli esseri umani. Con Risorse umane
(1999) e A tempo pieno
(2001), Cantet
si era imposto come una sorta di regista/sindacalista
specializzato in tematiche del lavoro nella Francia contemporanea.
Verso
il Sud (in concorso
qui a Venezia 2005) ci porta ad Haiti, negli anni ‘70, e appare a prima
vista come un film sul turismo sessuale. In realtà, a leggere fra le
righe, è una parabola sul colonialismo, e sui mille razzismi incrociati in
un universo coloniale o post-coloniale. |
da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro) |
Tre donne bianche, divise da classe e cultura, cercano emozioni forti nella Haiti fine Anni ' 70: il problema non è trovare carne fresca, ma elaborare il gesto, il costo soprattutto morale. Ma l'abbraccio, che qualcuna è pronta a idealizzare, finisce in una tragedia inaspettata. Non è solo turismo sessuale, è anche disperazione e solitudine da parte di tre professioniste della scontentezza che raccontano come e perché son giunte ai Caraibi fra amori compiacenti. Charlotte Rampling è l'anima cinica e sorridente di un film serio, ma irrisolto senza l' urgenza di una denuncia, lontano e vicino al folklorismo. |
da L'Unità (Dario Zonta) |
A
quasi un anno dalla presentazione in concorso a Venezia, esce nelle sale
italiane il terzo film del regista francese Laurent Cantet:
Verso
il Sud.
Solo apparentemente Cantet si sposta, con questa opera, dai temi cari alla
sua giovane cinematografia. Le relazioni di classe e i sistemi di potere
definiscono sempre l'oggetto della sua ricerca, che sia centrato sul mondo
del lavoro o sul rapporto tra i sessi. Cantet
decide così di illuminare un altro lato della medaglia nell'analisi delle
relazioni di classe e di potere, spostandosi nella Haiti degli anni
Ottanta e seguendo le avventure sessuali di tre turiste occidentali di
mezza età. Tre donne ricche e insoddisfatte, a vario titolo, della loro
vita passano un'estate in un villaggio turistico, stringendo rapporti
intimi con baldi giovani locali. Le vediamo, a volte imbarazzate, a volte
estroverse, giocare di giorno sulla sabbia dorata e di notte nei letti di
bungalow lussuosi e ricercati. Due di loro si innamorano dello stesso
ragazzo, Legba, e misurano il senso di colpa e la voglia di coincidere con
l'oggetto del desiderio a suon di battute acide e scontri raffinati. Se lo
contendono, senza voler dare troppo a vedere che di lui si sono anche
innamorate. Cantet riesce, tutto sommato, a scansare la trappola
dell'esotismo e ad aggirare i luoghi comuni del turismo sessuale. Per
ottenere questo risultato ricorre a un escamotage, ovvero entra e esce,
con efficacia, dalla sfera intima e privata e da quella pubblica e
politica. Il momento intimo è garantito dalle storie personali delle tre
donne interpretate da Charlotte Rampling, Karen Young e Louise Portat).
Con effetto straniante Cantet restituisce il loro mondo segreto attraverso
tre monologhi, tre confessioni. Ognuna di loro, nel chiuso delle stanze
notturne, guardando «in macchina» (chiedendo così una diretta complicità
con lo spettatore) si racconta, esternando dubbi, solitudini, paure,
segreti di vita e di sesso. Il loro agire, diurno e notturno, è
controbilanciato da queste dichiarazioni private, fatte al muro di noi
spettatori. |
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TORRESINO ottobre
2006