da La Stampa (Alessandra Levantesi) |
L'amore è capace di resistere al tempo? Nel rapporto di coppia che sta durando da due anni fra una lei, Seh-hee e un lui, Ji-woo (Ha Jung-woo, un divo del cinema orientale), un piccolo incidente stendhaliano accentua nella donna l’ossessivo timore di veder spegnersi il fuoco della passione. Per reagire a questa prospettiva, Seh-hee prende una folle decisione: sparisce insalutata e dopo essere passata attraverso le manipolazioni di un chirurgo plastico si ripresenta a Ji-woo con un altro volto e il nome, diverso seppur simile, di See-hee (la brava interprete è Sung Hyun-ah). Arrivato all’opera numero 13, il 45enne coreano Kim Ki-duk si conferma uno fra i più interessanti cineasti della sua area, anche se alla vena poetica del capolavoro Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera (2003) si va man mano sovrapponendo un’ispirazione più fredda e una sapienza intellettualistica. La matrice remota di questo stile va cercata dalle parti di Michelangelo Antonioni, ma qui c’è l’impronta di una spiritualità orientale e di una serpeggiante sensualità. Come suggerisce il titolo, Time è una riflessione sul tempo che passa, sull'impazienza dell’effimero e sull'anelito a penetrare in profondità i misteri dell’anima. Ancora una volta la scenografia assume nelle scelte formali di Kim Ki-Duk una particolare importanza, vedi l’ambientazione di alcune fondamentali scene nel parco delle sculture di Baemigumi, celebre località poco lontana da Seul che si raggiunge via mare: i protagonisti si muovono tra le opere dell’artista Lee li-ho, collocate lungo la spiaggia, che simbolicamente rispecchiano il gioco pericoloso dei sentimenti e delle pulsioni sessuali. Il trascorrere delle varie identità, quando anche l’uomo entra nella logica della trasformazione facciale, allude pirandellianamente all’impossibilità di conoscersi e farsi riconoscere in un crescendo di tensioni nevrotiche destinato a sconfinare in un delirio tragico. Time è un film sofisticato, inquietante e calibratissimo. |
da Il Messaggero ( Roberta Bottari) |
"Ci ameremo per tutta la vita?". Diciamoci la verità: questa domanda, prima o poi, ce la siamo posta tutti. Pochi però hanno "preso la situazione in mano" come Seh-hee. D'altronde, spaventata dall'idea che il trascorrere del tempo potesse indebolire la passione del suo uomo, la donna non ce la faceva più. Era diventata sempre più gelosa, fino a rendere il rapporto impossibile. Poi la decisione: Seh-hee scappa e si sottopone a un intervento di chirurgia plastica: solo così, ne è certa, riaccenderà la fiamma della passione. Lui, però, nel frattempo si sente solo. Per questo torna nell'isola dove ha passato momenti indimenticabili con l'amata. Ed è lì che incontra una donna... Time, tredicesima opera di Kim ki-duk, è un film assolutamente diverso dagli altri lavori del regista coreano. Qui, al posto dei lunghi silenzi carichi di significati, troviamo dialoghi anche serrati e una regia realistica. Ma la profondità è quella di Kim ki-duk. Niente è per sempre, ci rammenta l'autore. E, per mettere a fuoco una questione così filosoficamente universale, sceglie una protagonista odiosa, la donna che nessun uomo vorrebbe mai incontrare. E nella quale nessuna donna si vorrebbe immedesimare. Non è il miglior film di Kim ki-duk, ma perderlo sarebbe una sciocchezza degna della sua protagonista. |
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TORRESINO settembre-ottobre
2006