da Corriere della Sera (Maurizio Porro) |
Bellissima l'idea del nuovo idolo Kim Ki-Duk . Siamo ancora fuori dal mondo in un battello-casa in mezzo all'acqua: convivono una fanciulla e un vecchio pescatore, minacciati dai pescatori poi da un giovane rivale. L'arco è strumento d' armonia, difesa e anche d'offesa (sessuale) perché tutto nell'Oriente dell'autore è duplice e ambiguo: primavera, autunno etc. e si torna sempre all'impossibilità di fuggire dal mondo, da noi stessi. Il film è una mina poetica che si sovraccarica nei troppi finali ma con una carica energetica notevole. Inferno, paradiso, ancora inferno... |
da La Stampa (Alessandra Levantesi) |
Un anziano e una giovinetta che vive con lui sulla sua vecchia barca, da quando piccola trovatella la prese con sé. I due campano affittando il battello per escursioni di pesca a clienti che l’uomo ogni volta va a prelevare e riporta sulla terraferma con un natante a motore, mentre la ragazza non abbandona mai la nave e non conosce nulla al di fuori di quel microcosmo. L’atmosfera è tranquilla, le acque calme, ma se uno dei pescatori di passaggio ammaliato dall’innocente bellezza della ragazzina prova a farle qualche proposta indecente, il vecchio prendendolo di mira con il suo arco gli fa subito cambiare idea. Con L’arco, tutto ambientato sull’imbarcazione fra cielo e mare, il coreano Kim Ki-duk propone sotto forma di un singolare triangolo sentimentale un’altra delle sue enigmatiche metafore. Simile a un’isola - cornice congeniale al regista - la barca e un luogo separato dal mondo, dove ogni evento concreto assume una valenza simbolica e trascendentale. E del resto lo stesso Parco del titolo non è solo un’arma: all’occasione si trasforma in un arcaico strumento musicale dal suono ipnotizzante e può diventare anche un bizzarro mezzo divinatorio. Privo di comunicazione verbale, il rapporto fra il vecchio e la fanciulla sembra fondato su una misteriosa complicità: Lei sta per compiere i 17 anni, l’età in cui l’uomo ha deciso di impalmarla, ma entra in scena un ragazzo puro e il suo amore rende inevitabile il confronto. Poco a poco la ragazza realizza che di fatto è prigioniera come un uccellino in gabbia e si ribella. Eppure la figura semi incestuosa dell’anziano viene in qualche modo riscattata dall’intensità assoluta ed esclusiva del suo affetto, e il buddista Kim Ki-duk una volta di più si conferma maestro di un cinema limpido e minimalista, teso ad evocare senza moralismo la dualità della natura umana.
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da La Repubblica (Roberto Nepoti) |
Un arco invece che una mazza da golf (Ferro 3), una barca in mezzo al mare invece che un isolotto (Primavera, estate, autunno, inverno... E ancora primavera), un anziano e una giovane femmina anziché maschio (stesso film). Aria di ripetizione, e di fare il verso a se stesso. Un sessantenne ombroso e iracondo tiene con sé sulla propria barca, che noleggia ai pescatori, una ragazza. È la sua protetta, la sua figlioccia, la sua schiava, la sua promessa sposa. Il vecchio geloso ne protegge l'ingenuità e la castità, dagli occhi e dalle mani avide dei pescatori, a frecciate che scocca senza complimenti dal suo inseparabile arco. Che, all'occorrenza, diventa anche strumento musicale struggente. Ma il destino e la natura dispongono diversamente, non senza dolore arriverà per la ragazza il momento di conoscere l'amore vero e la strada dell'emancipazione, e per il vecchio quello di rinunciare all'impossibile. |
TORRESINO
- novembre 2005
PRIMA VISIONE