Lo stravagante mondo di Greenberg
(Greenberg)
Noah Baumbach
- USA
2010
- 1h 47' |
Dopo
due film molto belli,
Il calamaro e la balena e
Il matrimonio di mia
sorella, Noah Baumbach, idolo del cinema indipendente americano, si
avventura in una scommessa difficile e (soltanto) in parte riuscita.
Lo
stravagante mondo di Greenberg. Però la parte riuscita è sempre più
interessante dei prodotti di serie che si vedono in giro. E la storia del
ritorno a casa di Roger Greenberg (Ben Stiller), quarantenne musicista
fallito, finito in un ospedale psichiatrico dopo una crisi. Roger torna a
Los Angeles dopo quindici anni per badare alla casa del fratello di
successo (Chris Messina), partito per una lunga vacanza con la famiglia in
Vietnam.
Narcisista, ironico, deciso a «non fare niente nella vita», a parte
scrivere prolisse lettere di lamentele alle grandi compagnie per piccoli
disservizi subiti, Roger è un bambino mai cresciuto, misto di aggressività
ed estrema vulnerabilità. Come un bambino spaesato, cerca di riallacciare
antiche amicizie, di recuperare il rapporto con una fidanzata già sposata
e divorziata (Jennifer Jason Leigh), di piantare insomma qualche radice,
impresa mai riuscita nella vita. Non gli andrà bene neppure stavolta.
I coetanei sono cresciuti, magari male, con dolore e amarezza, ma sono
ormai lontani. Los Angeles, qui siamo addirittura a Hollywood, è dura e
fredda con le star, figurarsi con i falliti. L’unico, ma decisivo incontro
nel pellegrinaggio sentimentale di Greenberg è quello con la giovane
assistente del fratello, Florence (l’attrice Greta Gerwig), una gallerista
che canta la sera nei locali, tenera e sradicata come lui.
Lo stravagante mondo di Greenberg è un film su tante cose, anche troppe.
Un’esplorazione sui sentimenti, un ritratto dell’America declinante dei
nostri tempi, lo specchio infranto del sogno americano che sempre produce
spostati fra quanti vi credono,un film generazionale sulle illusioni degli
anni Novanta, una bizzarra commedia d’amore. E anche un film su Los
Angeles ed è forse la parte più bella. Una Los Angeles dimessa, inquinata,
marginale eppure struggente nelle immagini di un genio della fotografia
come Harris Savides. E un film colto (anche qui forse troppo) ricco di
suggestioni letterarie, da Henry James a Carver, e cinematografiche, da
Truffaut ad
Altman. L’idea di raccontare la storia di un fallito nel
cuore stesso della fabbrica del successo, Hollywood, era bella. La star
Ben Stiller, con il suo carico di mossette da attor simpatico, non sempre
funziona (finisce per essere sovrastato dalla grazia e dal talento
formidabile di Greta Gerwig, forse la migliore attrice americana
dell’ultima generazione) e
Greenberg regala i momenti più beffi, alcuni
davvero meravigliosi, quando il protagonista non è al centro della scena…
|
Curzio Maltese - La Repubblica |
Chi
ama il cinema indie pop, quello alla
Juno,
troverà questo
Lo stravagante mondo di
Greenberg praticamente perfetto.
Perché dentro c'è un po' di Salinger e un po' di Saul Bellow. C'è il
cinema anni '70 di
Robert Altman, di Hal Ashby e di
John Cassavetes. C'è
la capacità di fare cinema a fior di pelle, senza esibiti virtuosismi
tecnici, ma con una sensibilità - come dire - quasi tattile nel captare e
palpare e accarezzare i sussulti e i vuoti dei personaggi. Ci sono alcune
situazioni, nel film, in cui i protagonisti - seduti l'uno accanto
all'altro - credono di dialogare. In realtà, il loro dialogo è un incrocio
di monologhi alternati. Non conoscono altra forma di comunicazione che il
soliloquio. |
Gianni Canova - Il Fatto Quotidiano |
Quando,
negli anni Settanta, al cinema americano di Ashby, Rafelson, Mazursky
stavano a cuore i problemi degli uomini, soprattutto quelli detti
sottovoce, si facevano molti film come
Lo
stravagante mondo di Greenberg,
che oggi pare un oggetto misterioso diretto da Noah Baumbach, il bravo
regista del Calamaro e la balena in complicità coniugale con Jennifer
Jason Leigh che recita e co-produce. [...] Ogni tanto la storia si
arrotola e spesso è la colonna sonora di James Murphy che la salva;
bisogna affidarsi alle onde concentriche che il personaggio sa emanare da
una psicologia contorta ma che tutti conosciamo bene e dove a nessuna
domanda viene data risposta. Perché è in sintonia con la grande
letteratura nuovayorkese di Bellow, Yates, Updike, Mala-mud, Roth (con
qualche sconto sul sesso), coi lamenti di Portnoy e altri, aggiornati ai
malesseri quotidiani. Se non sempre, spesso il film centra l'invisibile,
fastidioso rumore che sta nella testa di Stiller, allertando il clima non
soltanto geografico e il malumore senza ragione condiviso dalla brava
Greta Gerwig, star del cinema intimista. Una parola per un bel cane lupo
anche lui infelice e malato al sistema immunitario: ci sarà una ragione se
una volta i cagnoni dei film si chiamavano Beethoven ed ora di nome fanno
Mahler... |
Maurizio Porro - Il Corriere della Sera |
promo |
Roger Greenberg
(Ben Stiller) è un quarantenne disadattato che, nell'incapacità di
decidere cosa fare della sua vita, lascia semplicemente che le
cose accadano. Si trasferisce, quindi, a Los Angeles a casa del
fratello minore, più inquadrato e determinato di lui, e inizia a
contattare il suo vecchio giro di amici. Ma i tempi sono cambiati
e Greenberg inizia a passare del tempo insieme a Florence,
l'assistente personale del fratello, aspirante cantante ed
anch'essa in cerca di un suo posto nel mondo... Una coppia
stravagante a confronto col mondo della ragione, personaggi da
Lewis Caroll inseriti in un contesto iperrealista per un raffinato
girotondo tra nevrosi e idiosincrasie. Una specie di film-terapia
che piacerà a chi sa riconosce nei protagonisti qualcosa che gli
appartiene. Elusivo, divertente e malinconico. |