Saimir
Francesco Munzi - Italia 2004 - 1h 28'

da Il Sole 24 Ore (Luigi Paini)

      Un solo vero amico, il motorino. Dal mattino a sera in giro per l’estrema periferia di Roma, nelle vicinanze di un degradato lungomare: angoli d’Italia “pasoliniana”, quelli in cui trascorre la sua vita il giovanissimo immigrato albanese Saimir, protagonista del film omonimo di Francesco Munzischeda estesa, presentato a Venezia LXI-Orizzonti. Vita senza orizzonti, ore e ore buttate via aspettando la chiamata del padre-padrone, che sbarca il lunario trafficando in esseri umani.
A prima vista un lavoretto quasi pulito: si tratta solo di trasportare le persone appena sbarcate da un luogo all’altro, da un caporale all’altro. Basta non farsi domande, alzarsi all’alba, guidare il furgone, caricare e scaricare torme di disperati. Che male c’è? Ma le domande che il padre sembra non farsi, Saimir se le pone, eccome. Lui non resiste più, vorrebbe qualcosa d’altro, ma che cosa?
Una ragazza italiana intravista sulla spiaggia, la possibilità di uscire dal nulla, due sguardi che si intrecciano. Una relazione assolutamente impossibile, che tuttavia lo risveglia dal torpore. Così come risveglia la coscienza assistere alle sevizie subite da una poveretta destinata alla prostituzione. Anche se, nel frattempo, continuano le razzie con una banda di zingari adolescenti, quasi senza coscienza dei reati che si commettono. E la lotta quotidiana per restare al mondo, il grado zero di un’esistenza che rischia, come mille altre, di finire al più presto dietro le sbarre di un carcere.
Saimir forse no. Perché ribellarsi è ancora giusto. Perché la coscienza individuale non è del tutto sepolta. Perché il volto e gli occhi di questo ragazzo lasciano intravedere almeno la possibilità remota di un riscatto. Anche se il cammino verso la dignità resta impervio e dolorosissimo.

da Film Tv (Aldo Fittante)

      Saimir significa "il giusto", un destino segnato fin dal nome che tenta in tutti i modi di ribellarsi al suo ineluttabile karma. Perché Saimir, sedicenne albanese finito chissà come nel degradato litorale laziale, è costretto dal padre a una sporca complicità in un traffico di clandestini. Sogna di andarsene Saimir, mentre scappa via da se stesso in sella al suo motorino, sogna di innamorarsi, di condurre una vita normale. E sogna suo padre, che la sera conta i risparmi, pensando a un altro matrimonio, a un altro lavoro, a un’altra vita. L’opera prima di Francesco Munzi arriva dopo una solida esperienza documentaristica concentrata sulle strazianti problematiche degli stranieri in Italia, sulle nuove, tragiche coordinate di un’immigrazione che paga ogni giorno pesantissimi dazi, Il suo linguaggio e il suo sguardo sono debitori soprattutto al cinema dei fratelli Dardenne (in special modo, La promesse) e le radici affondano nell’immaginario pasoliniano di Ragazzi di vita, Una vita violenta e Accattone. Una scelta di campo dunque che impone uno stile essenziale, che fa parlare i corpi, le sfumature, i silenzi, e che ribalta in tragedia la gioiosa passeggiata in Vespa del Moretti di Caro diario.

i giovedì del cinema invisibile TORRESINO ottobre-dicembre 2005