L'anno scorso Braveheart,
quest'anno
Michael Collins. Gli eroi tutti d'un pezzo si addicono
al Natale. Eppure tra il kolossal di un divo all'esordio dietro la macchina
da presa (Mel Gibson) e l'afflato politico di un regista smagato come Neil
Jordan (Mona Lisa, La moglie del soldato, Intervista
col vampiro) preferiamo forse l'epicità
sfrontata del primo. Questo non per dire che
Michael Collins non
è un gran film (certo non meritava di rubare il Leone d'oro a Fratelli),
ma che la responsabilità civile che ha animato Jordan
ne ha imbrigliato
in parte la verve trasgressiva privilegiando una ricostruzione didascalica
pseudostorica (molte sono state le accuse di imprecisioni ed omissis) e
imbrigliando nella consequenzialità degli eventi una tensione narrativa
che raggiunge il suo culmine a metà proiezione, ma che poi sembra
trascinarsi con sofferta impotenza all'ineluttabilità dell'epilogo.
La vicenda è del primo ventennio del '900 quando Michael Collins
si impose come leader della guerriglia irlandese
che arrivò a costringere
l'Inghilterra a trattare l'indipendenza, ma che sancì anche la fatidica
divisone della terra d'Irlanda. Forse "brucia", nel procedere
della visione cinematografica, la consapevolezza dell'amaro evolversi della
storia e delle tensioni tuttora insanate (il boicottaggio della stampa
inglese è arrivato a definire il film "un video per il reclutamento
di terroristi"), ma (bando alle critiche) va detto che buona parte
dell'immersione schermica garantisce spettacolo di prim'ordine, ritmo e
costruzione cinematografica esemplari, un crescendo emotivo teso e avvincente:
come nell'occasione della bruciante resa iniziale, o della cruenta notte
di sangue che fa strage degli agenti inglesi, o dell'incalzante inseguimento
dell'amico-rivale in una Dublino straziata dagli odi di fazione. Ciò
che affascina comunque in
Michael Collins è il pudore con
cui la tragedia romantica affianca il dramma politico (o è Julia
Roberts che non sa concedersi con il dovuto calore alla parte?) e soprattutto
la pulsione mitica di cui a tratti Jordan riesce a permeare il suo eroe
(Liam Neeson) e la sua schiera di indipendentisti. Uomini combattuti tra
il desiderio di libertà e la contraddizione di una violenza che,
più dei loro ideali, sembra alla fine la vera protagonista della
storia.
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