Il cinema è un fatto di stile (“uno stile che crea
il senso” diceva Bazin), ma è anche un fatto generazionale. Il termine
fa riferimento sia al momento storico dei fatti trattati, sia all'epoca
in cui viene realizzato, sia all'età di chi lo crea e di chi ne fruisce.
Sarà per tutto questo che qui a Venezia, in certa critica,
Good Night,
and Good Luck.
ha destato questa grande impressione?
George Clooney
, che lo dirige riservandosi un ruolo di contorno, ha 44
anni, suo padre (a cui il film è dedicato) è stato anchorman televisivo,
il tema è quella della libertà di opinione nel periodo del maccartismo,
lo stile è quello asciutto del giornalismo democratico, gloriosamente
sulla breccia in tanto cinema americano. La storia è presto detta: in
clima di guerra fredda il senatore Joseph McCarthy sferrò una campagna
denigratoria e penale contro la sinistra-liberal americana, mettendo sul
banco degli imputati, di fonte alla Commissione per le attività
antiamericane, i "rossi" in circolazione, includendo in questa
classificazione tutti coloro che avevano manifestato simpatie di
sinistra o avuto contatti (anche solo casuali, giovanili o "familiari")
con le idee comuniste. Ne uscì una vera caccia alle streghe, che mise in
crisi amicizie e dignità in un’aberrante atmosfera di paure e delazioni,
una lista nera che colpì Hollywood emarginando attori, sceneggiatori,
registi. Due nomi su tutti: Dalton Trumbo, denunciato e costretto a
firmare sotto falso nome, Elia Kazan, che accettò di collaborare, “fece
i nomi” e fu da allora messo al bando da molti suoi colleghi. Sullo
schermo film come
Il prestanome
e
Indiziato di reato
hanno ben narrato questa amara pagina della storia americana, ma Clooney
usa un registro diverso: affronta il problema non guardando ai casi
famosi del cinema, ma schierandosi in difesa dei diritti civili
dell'uomo comune (nello specifico quelli del pilota militare Milo
Radulovich, cacciato dall'esercito quale "rischio per la sicurezza
nazionale" e dichiarato colpevole senza processo), centra la questione
sulla libertà d’espressione e d’informazione, descrive la situazione
fotografando il lavoro giornalistico dello staff televisivo della CBS e
del suo mitico conduttore Edward R. Murrow (nel notiziario See It Now e
nel talk show Person to Person).
È proprio sulle sue trasmissioni, sul suo attaccare, fronteggiare,
sconfiggere alfine la politica reazionaria e liberticida di McCarthy,
che si costruisce tutto il film (girato in un nitido bianco e nero che
rievoca perfettamente "il colore" televisivo di allora). Apertura e
chiusura sono sul discorso di Murrow (David Strathairn, azzeccatissimo)
in un momento celebrativo a lui dedicato alla fine degli anni ‘50 («Non
si difende la libertà di altri Stati calpestando la propria libertà»
suonava bene anche allora), ma l’essenza del racconto di
Good Night, and Good
Luck. è in quel 1953, quando la redazione di Murrow stava ancora
conquistando quelle professionalità e credibilità che la meteora
McCarthy provò ad offuscare contribuendo invece ad alimentarne la
leggenda. Quel giornalismo secco, sferzante, che rischiava di suo, in
nome di un liberismo democratico - spina del fianco di ogni abuso di
potere («Noi siamo gli artefici della nostra Storia: i nostri media
debbono liberarsi da troppe compiacenze»), scaturisce nel film di Clooney
con una forza e una sintonia d'ideali che lasciano un segno memorabile
nel nostro immaginario. Good Night and Good Luck, «buonanotte e
buona fortuna», era la formula con cui Murrow concludeva i suoi servizi,
un commiato giornalistico perfetto per augurare, ieri come oggi, ad ogni
spettatore (televisivo o cinematografico) di dormire sereni sonni
democratici.
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