Il cattivo tenente - Ultima chiamata New Orleans
(Bad Lieutenant: Port of Call New
Orleans)
Werner Herzog
- USA
2009
- 2h 1' |
Terence McDonagh, tenente
della Squadra Omicidi del Dipartimento di Polizia di New Orleans, dopo
essersi rimesso da una difficile operazione per un grave infortunio alla
schiena ha sviluppato una grave dipendenza ad antidolorifici e cocaina.
Chiamato ad indagare sul massacro di una famiglia di immigrati africani,
Terence trova un testimone oculare, il giovane Daryl, che però deve
proteggere dal probabile responsabile degli omicidi, lo spacciatore Big
Fate, mai processato per via della sua propensione a uccidere i
testimoni. Mentre cerca di proteggere Daryl, incastrare Big Fate e
conciliare la tossicodipendenza con il ruolo di poliziotto, Terence
dovrà anche prendersi cura della sua ragazza, la prostituta Frankie, che
si trova in grave pericolo a causa di un cliente...
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Grandi
ritorni, gran divertimento. Come tutti i divi a intermittenza, Nicolas
Cage non ha vie di mezzo. Se il film è una patacca, non sarà certo il suo
talento a salvarlo, queste sono prodezze riservate ai grandi attori. Ma se
l'insieme ha sostanza e stile (Via da Las
Vegas, Face/Off), ci si può anche
stupire. Vedere per credere il 'Bad Lieutenant' rifatto da
Werner Herzog in tutta libertà. Sulla carta si temeva il peggio.
Le manie religiose di
Abel
Ferrara sono lontane dal materialismo impassibile di Herzog e dal suo
gusto per i mondi chiusi e i personaggi ossessivi. Ma il regista di
Aguirre furore di Dio ha anche un debole per
l'estremo e i peccatori che sfidano il Padreterno. E questo detective
della squadra omicidi di New Orleans è una specie di campione mondiale di
eccessi e carognerie, con un imprevedibile risvolto morale e una fortuna
così sfacciata che altri parlerebbero di grazia scesa dal cielo... |
Fabio Ferzetti –
Il
Messaggero |
Tutto
è uguale nella mente di Terence McDonagh (Nicolas Cage) e nel suo mondo.
Li si può dire extramorali, l'una e l'altro, se per moralità (o
immoralità) si intende l'atteggiamento consapevole di chi sceglie, in un
senso o nel senso opposto. Il cattivo tenente appunto non sceglie. Come
per il suo tuffo in soccorso del prigioniero, semplicemente si trova
coinvolto nelle proprie azioni, quasi costretto a portarle fino in fondo.
Una sola cosa davvero vuole, e davvero sceglie: l'assunzione della droga,
che di continuo ricerca in ogni modo. Per il resto, vive in una sorta di
allucinazione, come se quello che gli sta intorno non fosse che una
proiezione di fantasmi. E a questi fantasmi Herzog dà vita e corpo,
riprendendo egli stesso con una speciale macchina da presa a mano iguane e
alligatori, che stanno in scena quasi in soggettiva, e allo stesso tempo
ne stanno fuori, tragici e spaesanti testimoni di una dimensione
"selvaggia" della vita, anche di quella umana.
A differenza del film di Ferrara, che era una pia vita del santo
capovolta, questo secondo
Cattivo tenente
è un noir profondamente, disperatamente ancorato nell'umano, troppo umano.
Non solo Terence è disinteressato a una prospettiva morale, di qualunque
tipo. Come lui, lo sono quelli stessi cui dà la caccia, assassini e
mercanti di droga che vengono dai ghetti neri, e che peraltro somigliano
ad assassini e mercanti di droga bianchi, soci e alleati di altri bianchi,
ricchi e potenti. Insomma, sotto il cielo di piombo di New Orleans vive
una catastrofe più profonda, e più mortale, di quella di un uragano.
Eppure, il film ha un lieto fine. O meglio, sembra averlo, per chi creda
alla redenzione di Terence. Gli altri, più prudenti e più attenti, ci
vedono invece un'ultima beffa di Herzog.
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Roberto Escobar - Il
Sole-24 Ore |