Il
suo vero nome era Ilich Ramírez Sánchez, ma per tutti era meglio noto come
Carlos: il terrorista venezuelano che per venti anni è stato uno dei
principali obiettivi delle polizie di tutto il mondo. Collegato ai servizi
segreti arabi e a quelli dei paesi dell'est, il rivoluzionario è stato a
capo di un'organizzazione pronta a commettere ogni genere di attacco,
anche il più efferato. Tuttavia, il declino è sempre in agguato e Carlos,
rifugiatosi in Sudan, solo e in esilio, viene messo alle strette dalla
polizia francese che è sulle sue tracce... |
Carlos
è il nome in codice di Ilich Ramírez Sánchez, terrorista mercenario
filopalestinese di origini venezuelane (ma attivo più che altro in
Europa), autore di alcune tra le più violente stragi degli anni '70 e al
centro di una gigantesca caccia all'uomo della polizia. Carlos è bello,
prestante e furbo. Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina
lo prende con sé e lui fa carriera velocemente grazie al carattere, almeno
fino al clamoroso assalto al quartier generale dell'OPEC nel 1975, quando
riuscì a sequestrare sessanta ostaggi e scappare con loro in un DC-9
fornito dalla polizia. Quell'operazione però è anche l'inizio della fine
dei rapporti con il FPLP e l'inizio della peregrinazione che nel giro di
vent'anni lo porterà in carcere.
Ultimo innesto di una fortunata serie di film europei, per il cinema e per
la tv, che affrontano con epica, gusto e forte senso dell'intrattenimento
gli anni di piombo (non in senso temporale stretto ma in senso lato),
leggendo le vite e le opere dei più noti villain della cronaca, Carlos non
si distacca per stile, toni e approccio dai suoi predecessori. Come già
fece Marco Tullio Giordana trattando le Brigate Rosse in
La meglio gioventù
o anche Marco Bellocchio in
Buongiorno, Notte
o ancora come si è visto nel meno riuscito La Prima Linea, i
criminali riconosciuti e condannati sono raccontati con i tempi e le
modalità del cinema d'azione (sempre all'europea, s'intenda) ma cercando
in ogni momento di far sì che l'epica che si accompagna al genere non
scada nell'apologia. (…) Il
Carlos
di
Assayas
è bello e desiderabile e il regista non esista a dilungarsi
molto nelle scene che mostrano il corpo nudo di Edgar Ramirez, nel suo
fare avanti e indietro tra forma smagliante e pesante ingrassamento.
Carlos è un guerriero e come tale ha un corpo che è in sé un'arma (...).
Sebbene il film sia nettamente più dinamico nella prima che nella seconda
parte, l'opera nel suo complesso disegna un affresco molto attento alla
ricostruzione storica. Un cartello prima dell'inizio spiega per bene cosa
è vero e cosa no, cosa è immaginato e inventato e cosa è invece stato
riconosciuto legalmente come colpa del criminale. Non c'é nostalgia,
adesione o repellenza per l'ideologia alla base delle azioni del
protagonista. La politica, per quanto molto presente, non è elemento del
discorso filmico (come accadeva invece ne
La banda Baader Meinhof). |