La canzone di Carla (Carla's Song)
Ken Loach - Gran Bretagna 1996

  

     Doveva essere, con The Funeral, il trionfatore della Mostra del Cinema; gli è arrivata solo una patetica Medaglia della Presidenza del Senato, ma tant'è: Ken Loach è abituato ad infiammare gli animi dei festivalieri e vedersi poi trascurato dai riconoscimenti più alti della giuria. Nel 93 a Cannes Piovono pietre (forse il suo film più rigoroso ed esemplare di questo decennio) si era dovuto accontentare del Gran Premio della Giuria, lasciando la Palma d'oro a Lezioni di piano; nel 94 a Berlino a Ladybird Ladybird era stato preferito Nel nome del padre e l'anno scorso, ancora a Cannes, la scomoda rivisitazione politica di Terrà e libertà era stata completamente dimenticata di fronte all'urgenza visionaria di Underground.
Va detto che Carla's Song (La canzone di Carla) non è un film perfetto, perché troppo sbilanciato stilisticamente tra la prima parte, ambientata a Glasgow, e la seconda, in cui la vicenda si trasferisce in Nicaragua. Nel contesto scozzese Loach, verace cantore della working-class britannica, dà il meglio di sé narrando l'incontro tra George (Robert Carlyle) - guidatore d'autobus di trasgressiva professionalità - e Carla, un'esule nicaraguense, schiva e depressa per le troppe responsabilità: quelle per la lotta politica abbandonata in America Latina e quelle per il destino del suo innamorato Antonio, di cui da tempo non ha più notizie. George prima l'aiuta evitandole una contravvenzione e trovandole un alloggio, poi le fa una corte sfacciata dirottando l'autobus di linea in una romantica gita sul Loch Lomond, cercando di ridarle la voglia di sorridere, di trasmetterle la propria scanzonata e appassionata adesione ad un vivere fatto di piccole cose ma di sincere intenzioni. Alla fine si rende conto che l'unico vero modo per aiutarla è quello di riportarla nella sua terra e di esserle vicino in un'esperienza di vita che si rivelerà fondamentale per entrambi. Anche per Loach forse, il quale lontano dai suoi quartieri e dalla sua gente, vive lo spaesamento di George, scivola in un un'atmosfera "turistica" che non sempre convince ma che, proprio nell'ingenua assonanza d'esperienza regista-protagonista, risulta ancora più umana e sincera. Così, anche quando in un impeto di retorica Loach mette in bocca all'americanissimo Scott Glenn una fervente accusa all'imperialismo USA, non rimaniamo più di tanto infastiditi: Loach "il rosso" non si preoccupa di costruire chissà quale teorema filmico per denunciare colpe e atrocità per lui scontate, preferisce un'esplicita requisitoria così da potersi concentrare cinematograficamente sul tormento sentimentale di George e Carla. Dobbiamo ancora soprassedere ad un'improbabile consecutio temporale nella struttura narrativa, ma quando arriviamo a tirare le fila della vicenda e del film non possiamo non restare toccati dalla finezza di questa sconvolgente storia d'amore in cui il lieto fine esce dalla convenzionalità e in cui il peso dell'esperienza e della solidarietà, per George, per Loach (e per noi spettatori), diventa essenziale per poter continuare a percorrere con coscienza e maturità il nostro vivere.

ezio leoni - La Difesa Del Popolo  29 settembre 1996

VENEZIA 1996: Medaglia d'oro per la presidenza del Senato