Terra e libertà
(Land and Freedom) |
Ken Loach l'irriducibile, Ken Loach l'ultimo regista "militante". Parlando del cinema di Loach (inglese, quasi sessant'anni, un Leone d'oro alla carriera proprio l'anno scorso) non si può evitare la politica; vedendo i suoi drammi umani (e sociali) - dagli esordi del free cinema (Poor Cow, Family Life) alla rabbia sofferta di questa seconda giovinezza anni '90 (Riff-Raff, Piovono Pietre, Ladybird Ladybird) - non ci si può non sentire tutti, almeno un po', "di sinistra". D'altronde Loach è un comunista di vecchia data, ateo confesso (ma ricordate la lievità di stile ed il rispetto "cristiano" con cui ha saputo raccontare il cattolicesimo proletario di Piovono pietre?), appassionato cantore della classe operaia, con un'ottica civile sempre personalissima e politicamente mai allineata: così ora, con questo Terra e libertà, che ha emozionato all'unisono la platea di Cannes, è riuscito a riaccendere antichi contrasti nella sinistra europea ed ha faticato più di altre volte a trovare sostegno critico unanime, tanto che alla fine l'unico premio assegnatogli al festival è stato quello della giuria ecumenica (OCIC). Certo è che Terra e libertà è al di fuori delle sue corde usuali, perché si allontana dalla greve mediocrità del presente britannico per aprirsi all'epopea della storia, agli anni cruciali della guerra di Spagna in cui l'Europa si confrontava per la prima volta con l'oppressione fascista e coagulava nella lotta armata al regime di Franco la carica di ideali e di solidarietà dei propri "cittadini" fedeli alla democrazia. L'urgenza del racconto di Loach è quella di rinverdire, nella coinvolgente partecipazione del suo pubblico, l'entusiasmo degli ideali, ma anche l'assurda contraddizione politica che vide fronteggiarsi in uno scontro fratricida le due anime del comunismo di allora: l'ala stalinista (e compromissoria) delle Brigate Internazionali e quella troskista-anarchica del Partito Operaio di Unità Marxista. Loach sposa apertamente la causa del POUM (il suo protagonista - Ian Hart - milita nelle sue file, trasmigra nell'esercito del Partito Comunista, torna tra i vecchi compagni giusto per assistere al definitivo, sanguinoso smantellamento della milizia), ma riesce ugualmente, com'è sua abitudine, a farci sentire schierati non dove la politica impone ma dove il buon senso (cinematografico, umano e storico) suggerisce, commossi nella spontaneità del parteggiare per gli uomini e per gli ideali. Gli ideali. Ecco, il cinema di Loach è il cinema degli ideali. Ideali spesso bistrattati ("confusi, accusati, maltrattati, disillusi o peggio" direbbe Bob Dylan), ma di cui i suoi non-eroi si nutrono istintivamente, con i quali si confrontano di continuo, pronti a cadere nelle contraddizioni delle utopie (vibrante la discussione sulla collettivizzazione delle proprietà), nel dolore per il sangue versato invano. Ed allo sguardo sulla storia (mai roboante, quasi un lieve fardello di cui la cronaca filmica non può fare a meno) Ken Loach sa affiancare, con la naturalezza che gli è propria, la riflessione sulla memoria, sugli echi perduti di un passato "civile" nel tessuto contemporaneo dei suoi abituali microcosmi urbani. Terra e libertà si apre, in perfetto Loach-touch, con un pover'uomo che muore in un'ambulanza e si costruisce narrativamente attraverso ciò che la giovane nipote scopre di lui in una vecchia valigia dimenticata. In quell'inizio, tra una lettera aperta e le immagini documentaristiche degli anni '30, tra lo stupore per un fazzoletto rosso pieno di terra e l'insinuarsi "spontaneo" del flashback, c'è un saggio di stile cinematografico; e quando, a narrazione conclusa, la macchina da presa torna nel modesto cimitero di Liverpool, la simbiosi tra passato e presente è compiuta, l'esperienza di ieri ha saputo dare vigore (e gesti politici) alla solidarietà di oggi e l'emozione del cinema è, come nelle tesi ideologiche di Loach, al di sopra delle parti, turgida nell'ineluttabilità delle immagini e veemente nel cuore dello spettatore. |
ezio leoni - La Difesa Del Popolo 15 ottobre 1995 |