A Serious Man
Joel e Ethan Coen - USA/Gran
Bretagna/Francia
2009
- 1h 45'
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Metti il
Libro di Giobbe in una città del Midwest, per esempio Minneapolis, per
esempio ma non per caso nel 1967 (Joel e Ethan Coen sono del '54 e del
'57, capirete vedendo il film che il punto di vista è proprio il loro).
Villette tutte uguali, personaggi che aggiungono alle nevrosi middle class
quelle degli ebrei sospesi fra tradizione e modernità, un prologo
esilarante e nerissimo ambientato in un remoto shtetl dell'Europa centrale
e tutto in yiddish. Tanto per chiarire da dove venivano quegli ebrei
americanizzati con l'aria condizionata. E per sospendere sui protagonisti
di
A Serious Man
la maledizione del dybbuk, il non-morto che un incauto trisavolo invitò a
cena per sbaglio... L'ultima follia dei
fratelli Coen, forse il loro
capolavoro, inizia così, con una storiella apocrifa alla I.B. Singer che
getta subito una luce comico-sinistra sulle sventure del professor Gopnik.
Un tipo
occhialuto e compunto che stordisce gli studenti di Fisica con
grafici e formule per dimostrare che al mondo nulla è mai certo. Poi
rincasa e scopre che è proprio così: la moglie se la fa con un amico di
famiglia, ebreo naturalmente, un tipo così untuoso, corpulento e
improbabile come amante che riesce quasi a far sentire in colpa il povero Gopnik. Anzi, d'intesa con la moglie, chiede un "Gett", divorzio rituale
che consente seconde nozze, e spedisce l'attonito Gopnik, il protagonista
più passivo della storia del cinema, a andarsene in albergo; portandosi
dietro anche il fratello fallito e giocatore che affligge tutta la
famiglia con una disgustosa cisti sebacea...
E siamo solo all'inizio. Il resto prosegue su questo tono mescolando il
religioso e il triviale, le Grandi Domande e il sordido quotidiano, fra
belle vicine tentatrici, rabbini compiacenti o incapaci, morti improvvise
e forse provvidenziali (a meno che non annuncino catastrofi anche
peggiori), studenti asiatici corruttori, parabole religioso-demenziali. La
parola di Dio può nascondersi dietro i denti di un goy, cioè non ebreo; i
rabbini escono dal loro universo ermetico citando tutti i membri dei
Jefferson Airplane, la rockband preferita dal figlioletto del
protagonista. E intanto interpreti ignoti e perfetti, con i corpi, le
facce, le espressioni marcate e il fisico indeciso di quegli ebrei così
diversi dai soliti ebrei newyorkesi, sprofondano in una vicenda minacciosa
e insieme esilarante (esilarante perché minacciosa, ma anche viceversa),
che pare un incrocio fra
Barton Fink o
L'uomo che non c'era e
il Radio Days di
Woody Allen. Senza nostalgia ma con il misto di stupore e
sgomento che assale chi oscilla fra "Hashem", nome generico di Dio, e "bupkes",
cioè il Nulla. Due dei tanti termini yiddish usati in questo film
coraggioso e diverso da tutto, intimo e insieme universale come sanno
essere solo le opere più segrete e personali. |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
I
Coen bros non finiscono di stupire per come variano fonti d'ispirazione e
generi. Amaro, critico, divertente yiddish movie in cui un povero diavolo
di professore di fisica nel Midwest '67 si vede cadere il mondo addosso:
chiede aiuto a tre rabbini, ma anche la Torah non sa dar risposta. Crudele
e autobiografico, il film metaforizza una situazione umana e finisce
annunciando una catastrofe, con la leggerezza Coen. Dicono: se due ebrei
discutono ci sono almeno tre opinioni diverse. Qui anche di più... |
Maurizio Porro - Il Corriere della Sera |
Disavventure
senza grande interesse di un uomo qualunque del 1967, docente
universitario di fisica, ebreo statunitense (Michael Stuhlbarg), tradito
dalla moglie (Sari Lennick) con un amico (Fred Melamed), sfruttato dal
fratello (Richard Kind) e deluso dai due figli adolescenti (Aaron Wolff e
Jessica McManus). Ecco
A Serious Man
dei fratelli Coen, presentato fuori concorso al Festival di Roma. Più che
un film dei Coen, pare un film di
Todd Solondz: la differenza è che, nella monotonia delle disgrazie di
Giobbe, i Coen introducono prevedibilmente l'imprevisto. |
Maurizio Cabona - Il Giornale |
promo |
Il «serious
man» del titolo è l'uomo di polso a cui ogni buon ebreo deve
aspirare, quello che dovrebbe essere il professor Larry Gopnik a
cui il mondo sembra crollare all'improvviso sulla testa. Non solo
un suo studente cerca in tutti i modi di farsi cambiare un pessimo
voto, alternando tentativi di corruzione a minacce e ritorsioni
varie; quando arriva a casa, Larry deve affrontare la moglie che
con la stessa flemma (e puntigliosità) con cui lo rimprovererebbe
di non aver fatto bene la spesa, gli chiede di divorziare. Per non
parlare della figlia che gli sfila i soldi dal portafoglio perché
vuole rifarsi il naso, del figlio che usa il nome del padre per
abbonarsi a un club del disco, del fratello che si è installato a
casa sua... I Coen bros non finiscono di stupire per come sanno
variare fonti d'ispirazione e generi. Questo amaro, critico,
divertente yiddish movie metaforizza una situazione umana e
finisce, con leggerezza, annunciando una catastrofe. La Torah non
può dar risposta, neppure il cinema! |
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LUX
- gennaio 2010
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