Ang
Lee
, il taiwanese-americano più premiato del cineglobo, può permettersi
tutto. Così, mentre in carriera è passato trionfalmente dal genere
eccentrico intimista al letterario very english, dal cappa e spada
orientale ai kolossal fumettistici, dall'erotico gay a quello etero, con
Vita
di Pi
ha deciso di fornirci un saggio concentrato della sua onnipotenza. (...)
Ang Lee, in effetti, è di un'abilità straordinaria per come gestisce i
suoi stregoni digitali - a volte sembra che gli eventi siano osservati
dall'alto del cielo, altre dalla profondità dell'acqua e altre ancora
dalle pupille socchiuse di Richard Parker - e, insieme, per come gioca
senza esibirle le sue (e dello sceneggiatore David Magee) citazioni d'alta
classe, spazianti tra
Il libro
della giungla e Robinson Crusoe,
tra la pittura onirica e bidimensionale di Rousseau il Doganiere (con il
conforto della fotografia di Claudio Miranda) e i dilemmi di Dostoevskij
(direttamente menzionato nelle discussioni iniziali tra Pi e il padre).
Riprendendo la premessa, si può prediligere o meno la preponderante
ambizione di regia o anche misurarne l'effettiva consistenza: ma le
numerose sequenze memorabili, come l'apparizione dell'isola dei suricati o
il notturno marino illuminato dalla fosforescenza medusea, rendono il film
uno di quegli spettacoli totali destinati a nutrire a lungo l'immaginario
collettivo. |
Valerio Caprara - Il
Mattino |
East e ovest,
Taiwan (dove sono state realizzate le riprese) e Hollywood (che paga),
Esopo (tra)vestito da Kipling e in 3D, un Dio buono per tutte le stagioni,
un messaggio edificante. Gerard Depardieu, il magnifico direttore della
fotografia di David Fincher, Giobbe e un tocco di National Geographic,
sono gli ingredienti dell'ultimo pot-pourri di Ang Lee,
Vita
di Pi
tratto dal celebre romanzo di Yann Martel. Per una volta, quel semplicismo
divulgativo con cui Lee in genere mette d'accordo tutti sembra aver fatto
un buco nell'acqua. Anzi risulta più irritante del solito. Incarnazione
ideale di quell'idea di cinema che coniuga allo stesso tempo due nozioni
molto riduttive dell'arte e della cassetta (...),
Life of Pi
mette in scena il cocciuto téte à téte tra un ragazzo indiano e una tigre,
persi nel Pacifico su una scialuppa di salvataggio miracolosamente
sopravvissuta al naufragio che ha inghiottito la nave giapponese su cui il
teen ager viaggiava verso il Canada insieme alla famiglia e allo zoo di
cui erano proprietari. (...) Barca bianca e rossa, tigre gialla e nera,
mare di tutti i blu e di tutti gli umori possibili, che spesso diventa
tutt'uno con il cielo... Ang Lee addotta una palette di colori primari e
un décor minimal, ideale per la terza dimensione. Claudio Miranda,
alchimista dei fotogrammi digitali di
Zodiac e
The
Curious Case of Benjaimin Button,
è la scelta ideale per la fotografia, che ha momenti bellissimi e tempi
contemplativi. Un autore dalla mise en scène più forte e inventiva (tra
quelli interessati al testo anche M. Night Shyamalan) sarebbe forse
riuscito a incorporare visivamente la componente allegorica del libro su
quella fragilissima barchetta, nel rapporto tra bimbo e felino. Ang Lee,
invece, ha bisogno di un prologo e di un epilogo, parlatissimi, ambientati
a Toronto, per essere sicuro che anche le sedie capiscano che qui si parla
del potere della religione. Il che, paradossalmente, fa di
Vita
di Pi
un film che non ha alcuna fiducia nella fantasia e, ancor peggio, nel
potere magico del suo racconto. |
Giulia D'Agnolo Vallan -
Il Manifesto |
promo |
La magica avventura di Pi Patel, figlio del guardiano dello zoo di
Pondicherry, in India, che insieme alla famiglia si sta
trasferendo in Canada, a bordo di una grande nave da carico.
Superstite di un tragico naufragio, Pi si ritrova alla deriva
nell'Oceano Pacifico, su una scialuppa di salvataggio, in
compagnia di una enorme tigre del Bengala di nome Richard Parker.
Insieme affronteranno una dura lotta per la sopravvivenza...
L'adattamento dell'omonimo romanzo di Yann Martel (vincitore del
prestigioso Man Booker Prize e punto fisso fra i bestseller del
“New York Times”) è notevole. Complici anche avanzate tecniche
digitali l'avventura si colora di esperienza mistica, il dolore
diventa stupore, la meraviglia trapassa in orrore (e viceversa);
quello che lancia Ang Lee è un messaggio di fede malgrado tutto, o
di profonda, inesorabile disperazione? I bei film non danno
risposte. |
cinélite
giardino
BARBARIGO:
giugno-agosto
2013
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