Zodiac
David Fincher - USA 2007 - 2h 38'

da Il Messaggero (Fabio Ferzetti)

        Con Zodiac David Fincher (Seven) svela la fonte primaria di ispirazione di quell'horror-thriller quasi insostenibile per la sua minuziosa efferatezza, ma ne rovescia anche l'estetica e i presupposti. Rievocando il serial killer che terrorizzò la zona di San Francisco fra gli anni 60 e 70, il californiano Fincher torna infatti alle angosce della sua infanzia, ma non potendo trovare un senso, una logica, un colpevole sicuro, moltiplica le piste e non ne chiude nessuna.
Più che al killer e ai suoi delitti infatti
Zodiac si interessa agli uomini che gli diedero la caccia per anni, un poliziotto, un giornalista del San Francisco Chronicle e il vignettista dello stesso giornale, quello con più fiuto paradossalmente, arrivando a sfiorarlo senza mai riuscire a beccarlo. Fino ad averne la vita rovinata, perché mentre il misterioso Zodiac trucidava coppiette o tassisti spedendo ai giornali deliranti lettere cifrate e brandelli di stoffa insanguinata, loro invecchiavano, le famiglie si sgretolavano, il caso pian piano passava dalle prime pagine alle brevi in cronaca, San Francisco affrontava altre emergenze. E se l'unico a salvarsi per il rotto della cuffia è l'ostinato vignettista Jake Gyllenhaal, con la sua faccia da boy scout e l'incoscienza che lo porta a incontri da brivido con i sospetti, lo sbirro Mark Ruffalo e il cronista Robert Downey Jr. finiscono per perdersi inseguendo un assassino così odioso, astuto ed evanescente che questo film dall'ambientazione così accurata si fa (anche) metafora dei nostri incubi odierni, terrorismo in testa. Evocati senza i virtuosismi necro-barocchi cui ci hanno abituato due decenni di horror-thriller, ma con una pulizia di tratto e un'attenzione ai molti personaggi che verrebbe voglia di parlare di thriller neoumanista se il pubblico americano non gli avesse tributato l'accoglienza distratta destinata a chi cerca di cambiare le regole del gioco.

da Il Corriere della Sera (Paolo Mereghetti)

    Zodiac di David Fincher è un giallo costruito contro tutte le regole del mestiere: non è la «fetta di torta» che sarebbe piaciuta a Hitchcock, non svela assassini né moventi, non offre allo spettatore né soluzioni né catarsi. Eppure riesce ad avvincere perché scava dentro l'ossessione principe di ogni mistery (e di ogni spettatore): quella di dare un senso a qualche cosa che sembra non averne. È quello che è successo realmente a Los Angeles alla fine degli anni Sessanta, quando un biglietto criptato rivendicò la responsabilità di tre assassini, apparentemente senza alcun legame, il cui autore si nascondeva dietro lo pseudonimo di «Zodiac». Sulle sue tracce si mise il giornalista del San Francisco Chronicle Paul Avery (interpretato nel film da Robert Downey jr.) ma anche il vignettista dello stesso giornale Robert Graysmith (Jake Gyllenhaal), oltre all'ispettore David Toschi (Mark Ruffalo). Le loro strade spesso si intrecciarono, a volte si biforcarono o si urtarono, ma soprattutto sembravano girare a vuoto, visto che nella realtà nessuno fu mai accusato formalmente dei delitti attribuiti a «Zodiac» e la polizia non ha neppure potuto stabilire con esattezza quanti fossero stati i suoi delitti, perché a un certo punto smise anche di mandare messaggi cifrati. La scommessa di Fincher è stata quella di trasformare questo insieme contraddittorio di indizi e di tentativi di identificazioni nella materia stessa del film, senza abbellire, romanzare o enfatizzare alcunché, mettendo lo spettatore nella stessa situazione dei tre personaggi che vogliono indagare su «Zodiac»: farli girare a vuoto. O meglio: costringerli a saltare da un indizio a un altro, da un caso a un altro, da un'ipotesi a un'altra, senza offrire loro nessun appiglio di «verità». Per questo il film ha bisogno di tutto questo tempo (dura due ore e 36 minuti), perché invece di usare la macchina da presa per aiutare lo spettatore a dare un senso a quello che vede, la riduce a una specie di «spugna indiziaria», pronta ad aspirare tutto e il contrario di tutto. Per misurare il coraggio della sfida di Fincher basterebbe confrontare questo film con il celeberrimo Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo, dichiaratamente ispirato ai delitti di «Zodiac», ma decisamente più carico di messaggi e di interpretazioni (anche molto ambigui, peraltro). Lo fa di sfuggita anche Fincher, proprio per sottolineare, attraverso una battuta di Toschi, come il cinema tenda a dare un'immagine e un senso al Male, funzionali forse al successo in sala ma certo lontanissimi dalla realtà. In Zodiac il Male è spogliato non solo di ogni attrazione ma anche di ogni senso. Non ha regole, non ha ragioni, non ha perché. E anche quando gli investigatori pensano di aver individuato il responsabile dei delitti in Arthur Leigh Allen (John Carroll Lynch), quello che si trovano di fronte è tutto meno che un antieroe del peccato. E per un regista che aveva contribuito con il suo Seven a rendere glamour proprio il delitto, il passo non è stato certo piccolo. Questo non vuol dire che il film manchi di suspense, tutt'altro. Caso mai c'è pochissimo sangue ma la scena nella cantina del proiezionista («Zodiac» sembra ossessionato dal film La pericolosa partita di Schoedsack e Pichel) la tensione è quasi insopportabile. Così, analizzando i comportamenti dei tre protagonisti, Fincher (con il suo sceneggiatore James Vanderbilt, che ha adattato i due libri scritti sul caso dal vero Graysmith) non cerca di inventarsi un finale che non è mai esistito ma sceglie di scavare nelle ossessioni che spesso si impadroniscono degli uomini e si trasformano in paranoia. Un sentimento che dopo l'11 settembre è diventato sempre più comune di là e di qua dell'Atlantico.


promo

Durante l'estate del 1968, nell'area di San Francisco, comincia a operare un serial killer che rivendica i propri omicidi con lettere spedite ai principali quotidiani locali. Dopo aver assunto un nome riconoscibile, Zodiac, l'assassino sfida la polizia con una serie di messaggi in codice che nessuno riesce a decifrare correttamente. Sulle sue tracce, oltre a una coppia di detective, si mettono anche un giornalista alla ricerca di scoop e un vignettista frustrato, quest'ultimo appassionato di codici ed enigmistica... Un thriller atipico: ispirato alle azioni di un serial killer che tenne per anni in scacco la polizia di San Francisco, il film concentra le sue attenzioni non tanto sulla figura dell'assassino inquietante e misteriosa (e che rimane sullo sfondo), ma su un eterogeneo gruppo di personaggi, le cui vite vengono sconvolte dalle azioni del killer. Il tema dell'ossessione, già declinato efficacemente da Fincher nelle pellicole del suo recente passato, ritorna e diventa quindi perno dell'intera vicenda.

TORRESINO - giugno 2007

film del week-end precedente () film successivo presente sul sito