Unbreakable - Il predestinato M. Night Shyamalan - USA 2000 - 1h 46'
Bread and Roses Ken Loach - Gran Bretagna 2000 - 1h 52'

Principi e Principesse (Princes et princesses) Michel Ocelot - Francia 1999 - 1h 10'

  

     Sorprese delle feste. Ogni periodo natalizio ne riserva qualcuna (parliamo di pellicole cinematografiche ovviamente), quest'anno è curioso il fatto che nessuna fosse inattesa, ma che ugualmente l'effetto-sorpresa che il buon cinema riserva abbia funzionato. Ha funzionato soprattutto a livello di incassi per Unbreakable - Il predestinato, nuova opera  di Manoi Night Shyamalan (trentanni, di origine indiana) che, dopo la rivelazione de ll sesto senso, torna ad un inviluppo di mistero e tensione raccontando  due storie  parallele, quella di Eljiah Price (Samuel L. Jackson) afflitto dalla nascita da una malattia ossea che lo espone a continue fratture (è soprannominato "l'uomo di vetro") e quella di David Dunn (Bruce Wilis) che si scopre dotato di poteri sovrumani: indistruttibile (unbreakable) tanto da uscire indenne da una terribile catastrofe ferroviaria, capace di  sopportare carichi di body-bulding oltre ogni limite, sensitivo nel percepire ciò che di male attraversa o ha attraversato la vita delle persone che gli passano accanto.
Ma al di là dell'originalità della trama e di un intrigo narrativo che si banalizza e al contempo si esalta nel riferimento esplicito alla mitologia del fumetto  (spesso "manichea", fatta di iperboli ed estremizzati scontri tra il bene e il male, tra eroi a tutto tondo e malvagi predestinati) e in un finale che aggiunge sfacciatamente colpo di scena a colpo di scena, la peculiarità di Unbreakable è nella personalità registica di Shyamalan, nel suo stile così sopra le righe e così efficace. Ogni frase, ogni parola  del film è enunciata con lentezza ed enfasi, le inquadrature sfruttano focali e angolature tese a creare  pathos continuo, i movimenti di macchina si preoccupano quasi più di infondere tensione che di descrivere la scena. Il risultato è di insolito fascino, in bilico tra il fastidio (minimo) per la furberia autoriale di questo nuovo ragazzo-prodigio hollywoodiano e il coinvolgimento emotivo (memorabile) che il suo cinema riesce a creare, in un crescendo di atmosfere cupe ed esistenzialmente dolorose, di un nostalgia romantica soffusa e toccante (e già apprezzata nel suo film precedente), di un evolversi degli eventi sempre incombente e risolto in lampi d'azione di grande maestria.

    E in fatto di maestria è sorprendente che ci stupisca ancora quella, conclamata, di Ken Loach, il cantore della working-class, l'autore che più ha cadenzato (col fido sceneggiatore Paul Loverty) il cinema politico del XX secolo. Le sue opere migliori hanno il respiro dell'humus britannico (Family Life, Piovono pietre, My Name is Joe), ma se la trasferta in Nicaragua  si era impastoiata nella retorica (La canzone di Carla), qui Loach, sbarcando nella "patria della libertà", riesce a padroneggiare alla grande ogni situazione e a miscelare con naturalezza dramma e commedia, denuncia sociale e patemi sentimentali. Bread & Roses (pane e rose), si apre con taglio da reportage, con la macchina da presa che si agita tra la vegetazione "pedinando" un gruppo di messicani  che entra clandestinamente negli USA. Poi, dopo una parentesi angosciosa legata al destino della protagonista Maya, il tono si fa didascalico nel descrivere la "solita" triste condizione degli immigrati, disposti a tutto pur di trovare un lavoro. Ed è nell'ambito di una impresa di pulizie di Los Angeles dove viene assunta la giovane donna che la vicenda diventa alfine vibrante, tra i soprusi dei capoccia, i diritti lavorativi negati (livello salariale, assistenza medica..), i conflitti che proteste e delazioni scatenano. C'è la simpatica figura di un esagitato sindacalista, Sam, di cui Maya si innamora, c'è il contrasto di priorità e lealtà tradite che la oppone alla sorella Rosa (un indimenticabile pezzo di bravura, in interpretazione e regia), c'è soprattutto il non abbandonarsi mai, da parte di Loach a sposare una causa, un personaggio senza evidenziarne il contraddittorio, senza farci riflettere sulla leggerezza (nel filmare e nel giudicare) di comportamenti che travalicano il confine della legalità. E nel piacere di un finale commosso e razionalmente lontano dall'happy-end agognato, Bread & Roses ripropone l'idea non forzosa di cinema civile. Non di solo pane vivono i lavoratori, ma anche delle "rose" di un'esistenza serena (lo slogan risale ad uno sciopero del 1912). Anche i cinefili hanno diritto, almeno per Natale, ad abbinare alla pregnante consistenza dell'impatto sociale, l'invitta soavità di uno stile sincero e coerente. 

ezio leoni - La Difesa Del Popolo  6 gennaio 2001

Anche il reparto bambini ha la sua gradita sorpresa. Con Principi e principesse (opera antecedente a Kirikù e la strega Karabà) il francese Michel Ocelot ci regala un collage di sei fiabe lineari e appassionanti, legate tra loro da un immaginario teatrino cinematografico dove due ragazzi e un vecchio costruiscono i racconti e li interpretano grazie a tecno-magie di scene e costumi. Girato con una semplicità di mezzi che esalta la creatività, Principi e principesse si presenta come una rappresentazioni di ombre cinesi (su cui si innestano pochi, geniali tocchi cromatici) che riempiono lo schermo di una favolistica essenziale e suggestiva. Difficile fare una graduatoria tra i sei episodi, ma è davvero delizioso il respiro romantico di La regina cattiva e La principessa dei diamanti. Nel primo la regina che ha ormai dichiarato apertamente la sua infelice solitudine non può far altro che abbracciare il suo pretendente, provvidenzialmente sopravvissuto alla sua crudeltà. Nel secondo un principe si espone, senza speranze, al rischio di essere trasformato in formica: solo "per rivederti", confida alla principessa amata!

 

LUX-TORRESINO gennaio 2001
 
TORRESINO ALL'APERTO! giugno-agosto 2001

 

promo:

Bread & Roses: Loach e il suo cinema di impegno sociale restano sempre una piacevole sorpresa. Tra dramma e commedia, alle lotte sindacali degli immigrati a Los Angeles si amalgama una storia di sentimenti e contrasti familiari sofferta e toccante.
Unbreakable: Il cinema che Shyamalan riesce a creare è davvero di insolito fascino  e di memorabile coinvolgimento emotivo. Qui, come ne Il sesto senso, il crescere (cupo) delle atmosfere e l'evolversi degli eventi risultano  sempre risolti in lampi d'azione di grande maestria.
Principi e principesse: La magia del teatro delle ombre, il librarsi della fantasia, 6 fiabe indimenticabili… Una nuova sorpresa dall'autore di Kirikù e la strega Karabà