Synecdoche, New York
Charlie Kaufman - USA 2008 - 2h 4'


   Portando alle estreme conseguenze la poetica felliniana della bella confusione di 8 1/2, Charlie Kaufman, scrittore per Jonzefilm precedente in archivio e Gondryfilm precedente in archivio, firma un film magnifico in cui confonde i piani temporali e morali raggiungendo un fascino che si rispecchia nell'espressione tumefatta del grande Philip Seymour Hoffman che morirà davvero dopo aver recitato il testo di Miller. Il film è anche eccessivo ma di esplosiva fantasia intellettuale nel chiedersi chi e come vince nella sfida all''OK Corral' tra vita e finzione. Ma si può organizzare lo spettacolo della propria vita? Il quesito stesso è la forza del film capolavoro che strizza cuore e meningi.

Maurizio Porro - Il Corriere della Sera 

    Dopo quello di James Gandolfini, ecco il primo film 'postumo' di Philip Seymour Hoffman: e anche la sua è una grande interpretazione, da farci rimpiangere ancor più la perdita. In realtà il film è del 2008. Perché non era uscito, finora? Con ogni probabilità perché non è né semplice, né riposante. Basti dire che lo ha scritto e diretto Charlie Kaufman, sceneggiatore cult (Se mi lasci ti cancello) la cui specialità sono i viaggi nel cervello. La trama non è lineare. Come suggerisce il titolo (alludendo a quella figura retorica per cui una cosa viene sostituita da un'altra), il film procede per associazioni, come un ipertesto a-cronologico e semi-onirico che si compone nella testa del protagonista. Il modello implicito è All That Jazz di Bob Fosse, che nel 1980 vinse la Palma d'oro e aveva come modello, a sua volta, 8 e ½ di Fellini.

Roberto Nepoti - La Repubblica 

    Non c'è dubbio che Charlie Kaufman (...) ha una sua visione artistica autentica, fuori dalle logiche del mercato. E infatti Synecdoche, New York, con cui nel 2008 ha esordito nella regia, è un film coraggiosamente sperimentale, tutto giocato su una illusoria, frammentaria dimensione spazio-temporale; sui falsi movimenti di una vita che dalla giovinezza alla vecchiaia alla morte resta inchiodata in una tela di sogni e paura, aspirazioni utopiche e occasioni mancate. A esemplificare, uno per tutti, il fatale percorso dell'uomo e dell'artista è Philip Seymour Hoffman (...). L'interprete è magnifico per intensità e depressa malinconia; ed è eccellente il cast femminile, da Catherine Keener a Samantha Morton, che lo circonda...

Alessandra Levantesi Kezich - La Stampa


promo

A Schenectady, New York, la vita del regista teatrale Caden Cotard è giunta a un punto morto. La moglie Adele lo ha lasciato per andare a Berlino a fare la pittrice portandosi dietro la loro figlioletta Olive. Un nuovo rapporto con la seducente e schietta Hazel è finito prima di cominciare. E una malattia misteriosa blocca ogni funzione autonoma del suo corpo. Inquieto nel vedere la sua vita che se ne va, decide di trasferire il suo teatro in un vecchio magazzino di New York e di mettere in scena con i suoi attori una celebrazione della vita quotidiana. Ognuno di loro dovrà ricostruire nella finzione la propria vita in un ambiente che imita quello della città reale che continua a espandersi… I piani temporali e morali si confondono in un film che, cervellotico, geniale e ambizioso già nel titolo (la figura retorica che indica «la parte per il tutto»), procede per associazioni, come un ipertesto a-cronologico e semi-onirico che si compone nella testa del protagonista. Si può organizzare lo spettacolo della propria vita? Il quesito stesso è la forza di questo sorprendente capolavoro che strizza cuore e meningi.