da La Repubblica (Roberto Nepoti) |
Contro certi titoli italiani si dovrebbero prevedere sanzioni. In base a quale sciagurato criterio l'originale Eternal Sunshine of the Spotless Mind (preso a prestito dai versi di Alexander Pope) è stato "tradotto" in Se mi lasci ti cancello? Titolo che non mente sul soggetto, ma sul tono del film, facendoti scambiare per una fesseria comico-romantica quella che è, invece, una tra le commedie più complesse, intelligenti e amare capitate sullo schermo in questi ultimi anni. L'amore, si sa, non dura in eterno: quello tra Joel e Clementine si sta consumando in litigi e recriminazioni. Per darci un taglio radicale la ragazza si fa cancellare, tramite un procedimento chiamato (appropriatamente) "Lacuna", tutti i ricordi che la legano ancora all'uomo. Joel decide di imitarla; ma durante l'operazione, il suo cervello si ribella. Reduce da alcuni film cerebrali e appassionanti (Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee), lo sceneggiatore Charlie Kaufman ci sorprende con una commedia romantica diversa da tutte le altre, scritta con enorme talento e che il regista Michel Gondry dirige in pari stato di grazia. La sfida era grossa: raccontare la storia in ordine cronologico ma all'incontrario, con inversione dei rapporti causa-effetto, senza perdere l'attenzione dello spettatore. Fondàti sulle emozioni, i ricordi svaniscono man mano che queste si cancellano; Joel si rifugia nel proprio cervello, aggrappandosi alle emozioni che gli restano per serbare il ricordo di Clementine. La regia di Gondry manovra tra i diversi livelli di realtà e riesce nella scommessa di visualizzare il processo senza ricorrere a effetti speciali: usando metodi artigianali (un'immagine che scolora gradualmente) o suggestioni surrealiste (un letto su una spiaggia coperta di neve). Ineccepibile anche la scelta di rendere la sede di Lacuna più simile a uno squallido ambulatorio, che non a una multinazionale ipertecnologica. Tutto all'opposto del film comico suggerito dal titolo nostrano, Se mi lasci ti cancello non tenta minimamente di essere un feel-good movie che manipoli il pubblico, offrendogli soluzioni consolatorie. Lo stesso finale, che potrebbe sembrare ottimistico, contiene in sé il germe del dubbio (tentare di restare insieme non equivale a ripetere all'infinito gli stessi errori?) in quantità sufficiente a escludere il lieto fine. Se Jim Carrey, alternando palpiti e ritegno, appare finalmente il grande attore drammatico che avevamo sempre sospettato, Winslet è perfetta e il cast di supporto (Ruffalo, Dunst, Elijah "Frodo" Wood) lussuoso. |
da Film Tv (Pier Maria Bocchi) |
Come sempre in un film sceneggiato da Charlie Kaufman, all’inizio sembra di stare dentro un giochino che mostra subito i suoi limiti e le sue velleità intellettualistiche. Come sempre, però, è bene aspettare (come sarebbe bene recuperare con un po’ di calma Il ladro di orchidee, sbagliato ma affatto interessante). Perché Eternal Sunshine of the Spotless Mind (splendido titolo, dai versi di Alexander Pope; il rifiuto a citarlo con quello italiano è assoluto) non è per nulla quello che appare. Sì, la storia è quella di un uomo, Joel, che, disperato per amore, decide di affidarsi a un’agenzia che cancella i ricordi, e che ovviamente si ritrova in una "nuova" vita in cui è arduo distinguere realtà, finzione, frammenti di passato e incubi. Il meccanismo appare chiaro, come d’altronde le intenzioni. Ma il film diretto da uno dei geni contemporanei del videoclip, che fa cento passi avanti rispetto al mediocre esordio Human Nature, dimostra un valore non prevedibile, che riguarda la persona: è un film sulla leggerezza della vita, intesa come mancanza di peso, di sostanza, inconsistenza. Di fronte a Joel, sta tutta la sua evanescenza. Il meccanismo dell’eliminazione della memoria serve a identificare una personalità e nel contempo un mondo. Che è di solitudine, di impalpabilità delle cose e delle esperienze. Se a Joel viene raschiata via la vita passata, non gli viene però negata la progressiva consapevolezza della propria illusorietà. Joel si ritrova davanti ad un’esistenza fatta di niente, costruita sulla transitorietà fallace, sulla trasparenza. E l’esistenza è la sua. La corsa di Joel contro la stessa memoria di sé trova infine un ostacolo insormontabile. Non si vuole rilevare più del necessario, ma è Mary che rilancia la storia e il film, con un gesto che è idea di sceneggiatura fulminante, e nel contempo durissimo colpo a una possibilità di soluzione. Eternal Sunshine of the Spotless Mind è destinato così a non trovare riposo. E quell’eterna luce di una mente immacolata (ma spotless significa anche, letteralmente, "senza luogo") è come il candore di una cella imbottita. |
da Il Sole 24 Ore (Roberto Escobar) |
«Dimenticare il mondo, dal mondo dimenticati. Eterno raggio di sole della mente pura! Ogni preghiera accolta, e ogni desiderio lasciato». Da questi versi di Alexander Pope (Eloisa to Abelard, 1717) è tratto il titolo originale di Se mi lasci ti cancello: Eternai Sunshine of the Spotless Mind. Scritto da Charlie Kaufman con Pierre Bismuth e Michel Gondry, e girato dallo stesso Gondry, il film è il racconto impossibile d'una fuga dalla memoria, lontano dalla sofferenza d'un amore negato. «Beati gli smemorati, perché nulla hanno da rimproverarsi». Su per giù così, citando Friedrich Nietzsche, dice Mary (Kirsten Dunst), segretaria della Lacuna Inc., la società che diffonde tra gli uomini e le donne questa terribile beatitudine, e di cui la sceneggiatura fa il centro narrativo del film. Serve, questo centro, ad arginare il disorientamento del pubblico. Precipitato in un "maelstrom" di immagini, lo spettatore si ancora al solo dato fermo, al solo realismo narrativo, che è per paradosso l'attività poco probabile della Lacuna. Ritrovato un punto d'appoggio, e pronti a riemergere dal vortice, tuttavia in platea non si tarda a dolersi di questa scelta di sceneggiatura. A essa si deve la-parte meno originale del film, quella che si espone al rischio insito sempre nella tentazione di ridurre intuizioni inusuali e profonde a una qualche rassicurante ipotesi di realtà. È dunque opportuno far come se niente altro ci fosse, nel film, oltre alla fuga di Joel Barish (un Jim Carrey perfetto) e di Clementine Kruczyn-ski detta Clem (Kate Winslet). Più che il loro amore è appunto il loro amarsi, quello di cui vorrebbero liberarsi. Ossia: delle tracce lasciate in loro dai gesti, dagli, sguardi, dalle parole, dai colori che sono stati, nel loro insième, la totalità del loro sentimento. Ognuno di essi ha impresso un calco di sé nella memoria. E la memoria, suppone in fondo la sceneggiatura, non è elemento sottile ed evanescente, ma Corporeità, testimonianza concreta del tempo. Se così non fosse, da dove verrebbe il dolore dell’abbandono, e certo anche del rancore che si sostituisce all'amore? Uscito di casa una mattina d'inverno, Joel è catturato da questa somma di calchi dolorosi. E allora, lasciata l'auto, invece di prendere il treno, per New York, sale su un altro, diretto a Montauk, sulla costa. Là; così si suppone, c'è una parte importante del suo passato. E là, su una spiaggia coperta di neve, incontra Clem. O forse la incontra di nuovo, in una sorta di secondo inizio della loro storia. D’altra parte, anche questa ricostruzione cronologica e realistica delle prime sequenze del film cede alla tentazione questa volta direttamente. nostra, di noi spettatori — di ancorarsi a un'ipotesi di realtà. A smentirci provvedono però la sceneggiatura e la regia. Quando Joel lascia l'auto, sulla portiera sinistra c'è già il segno di un incidente che sarà causato da Clem più tardi. Il che suggerisce di non dar troppo valore ai tempi verbali, nel racconto impossibile del film. Quello che fu, forse è o sarà. Quello che è, forse sarà o fu. Nell'interiorità della memoria, lungo i sentieri del desiderio, il tempo non procede né retrocede, ma sta: sta nella sua circolarità, nel suo percorrere se stesso, nella sua compresenza. È per questo — per il suo esser già stato, confuso con il non esser più e con l'essere ancora —, che l'amore fra Joel e Clem ci appare tanto spontaneo, tanto sorprendentemente "familiare" quando, ancora nelle prime sequenze, lei si presenta a lui e lo avvolge nella propria tenerezza (e qui la Winslet è davvero brava). Tra i due ci son già ci furono, ci saranno una spontanea consuetudine di sentimenti e una tenera frequentazione di corpi, che ora continuano a essere. Dentro tutto questo dovrebbe tagliare la "lacuna", l'opera di attiva smemorizzazione tentata prima da Clem e poi da Joel (e però prima e poi devono essere usati con cautela). Ma come può riuscire una tale decostruzione di sé, e anzi di una relazione fra sé e l'altro? Come si può scarnificare la materialità complessa della memoria? Come si possono mettere a tacere il desiderio, e addirittura i suoi calchi e le sue orme? Per quanto i due rivolgano il coltello dell'oblio alle radici del loro amarsi, tuttavia non raggiungono alcun sole capace di illuminare alcuna «mente pura». Ossia: non si sottraggono a se stessi e al loro esser diventati insieme quel che sono. E così si incontrano, si amano, si scontrano, si lasciano e tornano a incontrarsi è amarsi dentro la loro propria memoria, in un "maelstrom" coinvolgente di immagini, suoni e colori. E, in tutto questo ''irrealismo", a" noi paiono teneramente veri. |
TORRESINO
- novembre 2004
cinélite
TORRESINO
all'aperto:
giugno-agosto 2005