Slevin - Patto criminale (Lucky Number Slevin)
Paul McGuigan - USA 2006 - 1h 49'


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da Il Foglio (Mariarosa Mancuso)

        Giù le mani dai colpi di scena. Sono il sale del cinema d'azione, a rivelarli si fa peccato. I migliori sono senza trucco e senza inganno. Per esempio, il rovesciamento di prospettiva (si fa per dire, ma se ancora qualcuno non ha visto il film non saremo noi a rovinargli la sorpresa) che carica Il sesto senso di M. Night Shyamalan con una bella dose di brividi veri. Anche se lo rivediamo per la seconda volta, con tutta l'attenzione necessaria, non c'è mai un momento in cui il regista gioca sporco. Per intenderci, non c'è nulla di simile al flash back menzognero visto del Caso Paradine: mossa azzardata che Hitchcock ebbe sulla coscienza per tutta la vita. Si pentì perché aveva rotto il patto di fiducia con gli spettatori, mostrando sullo schermo una scena che esisteva solo nella falsa testimonianza di un personaggio. Il regista nato in India e cresciuto a Filadelfia – mai più così bravo, anche se non abbiamo ancora visto The Lady in the Water con Bryce Dallas Howard, che ha spaventato bambini e spettatori deboli di nervi già dal trailer, e non siamo riusciti a capire cosa avesse di tanto terribile – giocava pulitamente le sue carte tra i morti e i vivi. Come non barava David Mamet nella Casa dei giochi, e neppure Alejandro Amenábar in The Others, la più originale storia di fantasmi dopo Il giro di vite di Henry James. Paul MacGuigan ci prova, a non tirar fuori il quinto asso dalla manica. Ma l'occasione fa il regista ladro, e a furia di accumulare situazioni assurde e citazioni pulp, gli sfugge un po' la mano. Slevin è un giovanotto con la faccia di Josh Hartnett e un fisico niente male. C'è tutto il tempo di rimirarselo, nelle scene dove se va in giro con l'asciugamano a filo pube e un paio di pantofole (come faccia lo straccetto a non cadere per terra, solo la costumista lo sa). Si ritrova in un guaio molto grosso, rimbalzato come una pallina da ping pong tra due cattivi: il Boss Morgan Freeman e il Rabbino Ben Kingsley. "Perché lo chiamano rabbino?" chiede l'incauto. "Perché è un rabbino", risponde il guardaspalle. Chiunque avrebbe una crisi isterica, lui non fa una piega perché soffre di atarassia, malattia che impedisce di emozionarsi. Dialoghi tarantineschi, bravi attori, violenza coreografica. Menzione speciale per Bruce Willis e il suo "colpo proibito Kansas City".


promo

Il giovane Slevin si trova coinvolto suo malgrado in una faida tra le due più importanti bande criminali di New York che fanno capo una al Rabbino e l'altra al Boss. Posto sotto continua sorveglianza dal detective Brikowski e dal killer Goodkat, Slevin dovrà escogitare un piano perfetto. Dialoghi tarantineschi, bravi attori, violenza coreografica, un meccanismo ad orologeria incalzante e... menzognero!

LUX settembre 2006

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