Si può fare
Giulio Manfredonia – Italia 2008 - 1h 51'

  Si intitola Si può fare il "caso" del Festival romano edizione numero tre. Sicuramente il caso italiano, accolto da molti applausi, per quanto in compagnia eccellente (Il passato è una terra straniera) o molto buona (Galantuomini). Incomprensibilmente escluso dal concorso che sarebbe stata una mano santa per la bravura di tutti i suoi attori. Andate a vederlo: si pensa, ci si commuove, ci si diverte. Quello che deve fare una bella commedia. Si può fare è una favola, con i suoi stereotipi. Ma non lo erano anche Full Monty e Grazie signora Thatcher e Billy Elliott? Non lo era anche Qualcuno volò sul nido del cuculo, che di Si può fare è il faro? Claudio Bisio, nella Milano di inizio anni Ottanta, è un sindacalista. Crede nella solidarietà ma anche nella responsabilità e nell' iniziativa. Va a finire in una cooperativa di freschi ex degenti manicomiali: è da poco entrata in vigore la Legge 180 nota con il nome del suo ispiratore, lo psichiatra veneziano Franco Basaglia (13 maggio 1978). Ma la cooperativa è tuttora dominata dalla supervisione di uno psichiatra di vecchia scuola (Giorgio Colangeli) che crede nei farmaci e non nell' emancipazione del lavoro. Nello non sa niente di psichiatria ma si lascia guidare dall'istinto e da una semplice idea: «quello che fa stare bene me farà stare meglio anche loro», e con tutte le difficoltà trasforma i picchiatelli in richiestissimi parquettisti: infatti il disastro che combinano al primo lavoro viene scambiato per originale creatività. E così avanti fra cadute, crisi, fallimenti, ritorno indietro. Giuseppe Battiston è il giovane psichiatra basagliano che affianca Nello, Anita Caprioli è la fidanzata di Nello in bilico tra adesione al sogno di lui e inseguimento del successo nella Milano della moda. Il regista è Giulio Manfredonia, lo sceneggiatore Fabio Bonifacci, fotografia, costumi, montaggio, musica, tutto merita un elogio. Ma soprattutto il gruppone di attori non noti che danno al film la sua ossatura. Non è invenzione. Lo sceneggiatore lesse molti anni fa un articolo che raccontava l'esperienza di un sindacalista e di una cooperativa in provincia di Pordenone. Non una fiaba, non un' utopia ma la prova che, se si vuole, «si può fare».

Paolo D'Agostini - La Repubblica

  La simpatia e la buona fede non sono categorie critiche, ma questo film di Giulio Manfredonia film successivo in archivio ne è pieno anche se la sua polemica e i caratteri sono, come mostra la data, tipicamente anni 80. Storia di un sindacalista che nella Milano da bere s'occupa di un gruppo di ex ospiti di un manicomio usciti con la legge Basaglia e coltiva in loro il libero arbitrio, il plus valore e la libera creazione del parquet. E' bello il modo con cui una storia vera viene trattata nei modi di una tragicommedia umana che ricorda da vicino il Cuculo ma non si compiace della psicanalisi e si diverte in modo discreto con un po' di ottimismo e folclorismo. Intitolato come lo slogan di Veltroni, il film ha un compatto gruppo di attori in testa ai quali sta Claudio Bisio, alla sua miglior prova di cinema.

Maurizio Porro – Il Corriere della Sera

  Si può fare di Giulio Manfredonia è un piccolo film generoso e diseguale ma spesso emozionante che affronta la malattia mentale con le armi leggere della commedia senza dimenticare il dramma e il dolore. Contenuto e appassionato, Claudio Bisio è efficacissimo nei panni del sindacalista ignaro di psichiatria che però intuisce la muta domanda espressa dai matti nei loro lavori, e avvia senza quasi accorgersene una piccola rivoluzione. [...] Ma la spina dorsale del film, che non nasconde il suo debito con Qualcuno volò sul nido del cuculo, è quel battaglione di attori bravissimi e poco noti che danno vita con molto affiatamento ed equilibrio ai dubbi e alle manie, ai tormenti e agli slanci, di questi matti da slegare costruiti incrociando tante piccole storie vere, un po' come fanno loro con i pezzetti di legno per montare i parquet d'artista specialità della cooperativa. Si capisce che Manfredonia e lo sceneggiatore Fabio Bonifacci hanno lavorato a lungo e con loro sulle fonti e sui malati. Così il film commuove, diverte, sorprende, mettendo sul tappeto con onestà tutti i lati del problema. Con varie licenze poetiche naturalmente, per chi vuole la verità ci sono molti documentari sul tema, non ultimi quelli bellissimi di Paolo Pisanelli. E se qualche passaggio, come l'amore fra un malato e una studentessa, non è all'altezza, pazienza. Di film così vorremmo vederne di più.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

  Pensare di vivere al di fuori del mercato è da pazzi. Ma solo un pazzo può pensare di entrare nel mercato. Favola educata di un assalto al cielo, il film di Giulio Manfredonia convince. Nel mettere in scena la vicenda di un sindacalista mandato al confino in una cooperativa di “matti” per le sue idee riguardanti modernizzazione e lavoro, il regista, dopo un incipit sincopato che riassume in pochi e velocissimi tagli di montaggio anni di dibattiti infiniti, si lascia andare a un piacere del racconto tanto schietto quanto efficace. Si può fare procede come un film sportivo hollywoodiano: il coach (Bisio) individua i talenti dei suoi giocatori, gli restituisce la fiducia in se stessi, vince qualche partita ma poi deve fare anche lui i conti con la vita. Certo: la legge 180, la realtà del disagio sono altro dal cinema. Ma Manfredonia non bara. E vuole bene ai suoi personaggi. Un po’ Attimo fuggente, un po’ Cuculo e un po’ Anna dei miracoli, Si può fare è un esempio credibile di mutazione della commedia all’italiana. Più Comencini che Monicelli, Manfredonia si muove sul terreno minato che separa il pietismo dal rispetto e porta a casa il risultato pieno nonostante qualche incertezza di caratterizzazione.

Giona A. Nazzaro – Film Tv

 
 
 

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Milano, anni '80. Claudio Bisio è un sindacalista le cui posizioni non vengono più gradite dai colleghi per cui viene mandato in una cooperativa di ex malati mentali. Contro il parere degli psichiatri, si batterà perché i ragazzi imparino un mestiere e siano in grado di mantenersi riappropriandosi della loro dignità. Un percorso non facile ma che porta ad una ritrovata umanità per tutti, anche per i "sani di mente"... Una storia vera trattata nei modi di una tragicommedia che ricorda da vicino il Cuculo ma non si compiace della psicanalisi e che sorprende, commuove, diverte in modo discreto con un po' di ottimismo e folclorismo. Favola educata di un assalto al cielo.

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