Shrek
Andrew Adamson e Vicky Jenson - USA 2001 - 1h 30'

da  La Repubblica (Roberto Nepoti)

     Shrek è un orco verde petomane, misantropo (ma solo perché gli altri lo respingono) e scontroso, che vive da eremita in una palude mangiando ogni genere di schifezze. A turbarne la pace arriva l'invasione dei personaggi delle fiabe, banditi da un tirannico nano di nome Lord Farquaad, che gli trasformano la palude in una specie di sordida Disneyland. Per riconquistarsi la solitudine Shrek deve concludere un accordo con un nobilastro: libererà dalle grinfie di un drago (aggressivo ma sentimentale) la principessa Fiona, che Farquaad intende sposare per diventare re. Seguito da Ciuchino, un asinello ostinato, risoluto a essere suo amico, l'orco compie la missione; ma s'innamora di Fiona. La quale, ragazza emancipata e indipendente nel nuovo stile delle eroine dei film d'animazione, custodisce un segreto inconfessabile. La morale della favola è che quello che conta non è, in amore, la bellezza fisica. Realizzato per la spielberghiana DreamWorks dal creatore di effetti speciali Andrew Adamson  film successivo in archivio e dalla disegnatrice Vicky Jenson, Shrek ce la mette tutta per arrivare, in un colpo solo, al pubblico degli adulti e a quello dei piccoli. Allo scopo, utilizza il repertorio dei fratelli Grimm e di Perrault, che continuano a nutrire le fantasie dei bambini, ma contemporaneamente stuzzica lo scetticismo dei grandi (ride delle fiabe, trattando Cenerentola da isterica e mettendo in burla Pinocchio, Campanellino & Co.), che amano sentirsi furbi e smaliziati; in più, infarcisce, la favola/farsa di citazioni (quando combatte contro Robin Hood e la sua banda, Fiona si muove come l'eroina di Matrix), allusioni sessuali, dialoghi al secondo grado e «private jokes» troppo sofisticati per essere colti non solo dal pubblico minorenne, ma anche da una buona fetta di quello che ha già raggiunto la maggiore età. Comunque la qualità delle immagini di sintesi (notare i progressi nella mimica facciale e nelle espressioni anche rispetto a Z la formica) offre agli occhi uno spettacolo di grande ricchezza plastica, interpretato da personaggi in visita da un altro mondo: un po' marionette, un po' pupazzi di plastilina, un po' disegni animati, un po' giochivideo.

da Ciak (Stefao Lusardi)

     Già nei lontani Settanta, in "La grammatica della fantasia", il grande Gianni Rodari postulava la necessità pedagogica, e soprattutto liberatoria, di aiutare i bambini a reinventare le favole classiche, distorcendone struttura, luoghi comuni e valenza dei personaggi. E da tempo la letteratura per l'infanzia, in molte occasioni più interessante di quella per gli adulti, usa la fantasia in maniera sperimentale, come strumento provocatorio e perfino politico. Questo per dire che questa fiaba animata in cui l'orco è il buono, il bianco destriero un asinello, il principe il cattivo e la principessa non così bella come si crede, in realtà arriva buon ultima, a rivoluzione già avvenuta. Ma, ed è questo che in fondo conta, sancisce la presa di potere (definitiva) di un "rivoluzionario". Si tratta del produttore Jeffrey Katzenberg, che già alla Disney aveva cominciato a "destabilizzare" l'universo monolitico del cartone animato (infilando temi sottili e inquietanti come quello dell'"uccisione rituale del padre" nel Re Leone) e che ora, diventato socio fondatore della Dreamworks e quindi più libero di sperimentare, é riuscito non solo a svecchiare il mondo dell'animazione, ma a farlo uscire dal "ghetto" del prodotto per bambini, per trasformarlo in film (veramente) per tutti. Per quanto la strada sia ancora ardua (lo dimostra il parziale insuccesso in Italia di Galline in fuga) Shrek merita la fortuna che sta avendo al botteghino. Perché, al di là della tecnologia digitale (che diventa un valore aggiunto solo se, come in questo caso, favorisce la narrazione fantastica), ha il merito di divertire gli adulti, ma soprattutto di rispettare l'intelligenza dei bambini, offrendo ironie, allusioni, divagazioni all'insegna del più puro umorismo nero (la sequenza dell'uccellino "scoppiato") e sfacciate digressioni scatologiche. Ritrovando il sapore della fantasia, che non ama le regole ma la libertà.

da  Duel (Filiberto Molossi)

     Dicono sia alto più o meno come Topolino, ma è ancora più intraprendente: uscito sbattendo la porta dallo studio che fu dello zio Walt, Jeffrey Katzenberg, l'uomo che con Spielberg e Geffen compone il temutissimo triumvirato della Dreamworks, si prende la rivincita nei confronti dei vecchi "amici". Stravolgendo il senso classico della morale di Cartoonia a forza di bordate politicamente (e cinematograficamente?) scorrette. Geppetto che cerca di liberarsi in tutti i modi di Pinocchio, l'orco che, ben lungi da qualsiasi idealismo, agisce solo per interesse, la principessa di turno che fa fuori un uccellino per farsi due uova fritte: no, la vita non é una favola. Approccio adulto a molteplici letture (per accontentare una platea sempre più vasta, palati fini compresi), Shrek reinterpreta in maniera paradossale e, soprattutto, irriverente luoghi comuni e temi forti (tiene banco, in questo caso, quello della diversità) cari al cinema d'animazione, prendendo in contropiede la retorica, finendo con il fare del rifiuto del più facile buonismo una scelta di campo più politica che narrativa: e non solo perché i più maligni sostengono che l'ordinato e silenzioso regno di Lord Farquaad assomiglia in maniera inquietante a Milano 2... Amori interrazziali, dialoghi e situazioni alla Soldato blu, l'impossibilità di essere normali: i due registi, Adamson e Jenson (quest'ultima debuttò in Fritz il gatto, capostipite dei cartoni adulti) hanno girato, tra citazioni dirette e indirette (applauso a scena aperta, a Cannes, per quella di Matrix) e diverse, allegre, provocazioni, un film molto divertente e poco moralistico sull'accettarsi, imponendo in maniera naturale allo spettatore un falso realismo che non scimiotta la realtà, ma getta le fondamenta per un'estetica del verosimile. Se é cinema sintetico, lo é senza vergognarsi: il, digitale si sente, non si nasconde più, anzi li impone sfacciatamente. Il computer apre la strada a progressi tecnici fino a poco tempo fa impensabili: i personaggi perdono in calore, ma ci guadagnano in espressività e (specie l'umanissima e conturbante principessa Fiona) in fisicità...

da Il Sole 24 Ore (Roberto Escobar)

     Naturalmente, Shrek è anche molto altro: é soprattutto un grande spettacolo, colmo di intelligenza. Lo é a tal punto, che la sua tecnica passa quasi inosservata: la meraviglia che in sala cattura tutti sta per intero dentro l'effetto di verosimiglianza dell'animazione. Gli autori - non solo i registi e non solo gli sceneggiatori - hanno pensato e realizzato un'opera, non un espediente tecnico. Il loro orco e la loro Fiona, il loro mulo parlante e la loro draghessa rosa e tutti gli altri cento personaggi sono vivi e credibili proprio in quanto personaggi. Così, quando Farquaad viene divorato, l'entusiasmo in platea è totale. Lo è anche perché, nonostante ogni possibile pogrom contro il fantastico e l'irregolare, contro lo sporco e il mostruoso, a vincere nel film sono gli esseri marginali. Con il suo Shrek, l'orchessa Fiona vivrà forse non perfetta ma certo felice: felice in primo luogo d'essere se stessa...


promo: Cartoni animati? Animazione digitale? Shrek è prima di tutto una sorprendente, divertentissima fiaba davvero per tutte le età. I piccoli si godono la favola, gli adulti i giochi di citazioni e ironia che ripropongono, stravolgono, reinventano il classico mondo della fantasia. Umorismo raffinato, spettacolo sgargiante.