Grande
divertimento, sia pure nell'ambito di un gusto provocatorio, scorretto e
forse anche dannoso, procura la sortita del film con cui l'inglese Guy
Ritchie si è consolato della rottura coniugale con Madonna. Il
quarantunenne regista di Lock & Stock - Pazzi scatenati e
Snatch esaspera, infatti, la sua
visione degli ambienti malavitosi metropolitani, plasmando
RocknRolla
come una folle, grottesca, imprevedibile girandola d'immagini che rendono
il concetto di trama una molesta anticaglia... Ne sono, a grandi linee,
protagonisti un magnate russo - ricalcato sul padrone del Chelsea Roman
Abramovich - che organizza la falsa vendita di un terreno attirando
investimenti miliardari, un micidiale boss del crimine organizzato, una
stupenda dark lady nera, un'accoppiata di killer assai particolari, un
politico corrotto e una banda di tossici sciamannati rockettari: tutti
contro tutti, sempre pronti a spaccarsi reciprocamente le ossa, a tradirsi
con perfidia, ad amoreggiare in barba a ogni codice morale, a esibire
gadget di lusso, corpi prepotenti e cervelli sottosviluppati. È alquanto
difficile dare un senso compiuto al gioco degli inseguimenti e degli
agguati, che rivendicano come sfondo naturale una Londra postmoderna e
multietnica, resa adrenalinica da una ricchezza equivoca e sfrontata: gli
agganci narrativi - come quello della speculazione immobiliare o quello di
uno strambo quadro che sta dove non dovrebbe stare - funzionano come puri
pretesti, hanno solo un intento caricaturale, si frantumano nel rimpallo
di dialoghi gergali, sboccati o smozzicati. Del resto la chiave del
martellamento audiovisivo sta esattamente nel termine tramandato dal
titolo: «A tutti piace un pezzo della bella vita: c'è a chi piacciono i
soldi, a chi la droga, a chi il sesso, a chi il glamour o la fama. Ma il
Rocknrolla, oh certo, è differente. Perché? Perché il vero Rocknrolla
vuole tutto il fottuto pacchetto». Chi conosce le propensioni di
Ritchie - al cui confronto lo stesso Tarantino fa la figura di artista
serio e impegnato - sa che gli spetterà un'overdose di sequenze sopra le
righe e azione sanguinaria, scandita da musica metallara e montata e
dialogata come correndo a fari spenti in autostrada: se ne tenga alla
larga lo spettatore che nutre preoccupazioni pedagogiche o contenutistiche
e si accomodi estasiato colui che ami farsi sballare da uno humour nero
molto nichilistico e molto contemporaneo. |