Film
metafora, della diversità certo, dell'omosessualità forse, della
difficoltà di essere liberi nell'istituzione familiare, questa volta,
anche
Ricky,
fiaba operaia, in concorso, di
Francois Ozon
. Dal libro di Rose Tremain,
la storia d'amore tra due proletari sfocia in un un bebè molto strano. Il
Ricky del titolo ha le ali e si mette a volare. Maneggiare la chimica fine
come fa Alexandra Lamy (che è Kathy) per lavoro, soprattutto se il suo
partner è «straniero» come Sergi Lopez (Paco), è piuttosto pericoloso. Non
sempre i mostri prodotti sono così angiolescamente rinascimentali. In gara
anche un film danese di Annette Olesen dal titolo godardiano di
Piccolo soldato.
Lei, il soldato, torna dall'Afghanistan traumatizzata e senza soldi e,
come se si trovasse in un film dei Dardenne, si scontra con il padre,
pappa buono di nigeriane, che la assume come autista delle sue prostitute.
Ripiombata in un'altra guerra di sopravvivenza si mette in testa di
salvare Lily, che del padre è anche l'amante, rubando per lei,
procurandole un biglietto aereo e costringendola a tornare dalla sua
figlioletta di Lagos. Che il terzo mondo faccia comunque ciò che il primo
le ordini... . |
Ricky
ci è sembrato un piccolo capolavoro. Ozon dice di essersi ispirato a una
vecchia, preziosa massima di Luis Bunuel: filmare i sogni come fossero
realtà, e la realtà come fosse un sogno.
Ricky
è un film su un miracolo, ma non è un film cattolico. E' un elogio della
diversità in chiave squisitamente laica. Un film rischiosissimo, e
miracolosamente riuscito. |