Quattro matrimoni e un funerale (Four Weddings and a Funeral)
Mike Newell - Gran Bretagna 1994 - 1h 57'
Viaggio in Inghilterra (Shadowlands)
Richard Attenborough - Gran Bretagna 1993 - 2h 11'


   Se la produzione italiana sembra risvegliarsi dal torpore del qualunquismo (La bella vita, Il toro, Il postino) e il cinema USA ribadisce la propria potenza commerciale passando con nonchalance da "boiate pazzesche" (The Flintstones, Lo specialista) alla "parabola" storico-morale di Forrest Gump, che dire dell'inossidabile personalità dei film britannici? Quattro matrimoni e un funerale e Viaggio in Inghilterra si scambiano la palla nel deliziare il pubblico con stili e tematiche diversi, ma con la stessa professionalità autoriale e il medesimo savoir-faire nel giocare coi sentimenti dei personaggi e con le emozioni dello spettatore.
  
Four Wedding And A Funeral (una volta tanto il titolo italiano corrisponde a quello originale) mentre fa l'elogio della frivolezza britannica e descrive con allegra perfidia la ritualità delle cerimonie matrimoniali che cadenzano il "distratto" vivere di Hugh Grant e dei suoi amici snob, smantella ironicamente le certezze da scapolo del protagonista facendogli incontrare l'affascinante americana Andie MacDowell. L'imbarazzo sentimentale britannico e la disinibita intraprendenza yankee faticano a sintonizzarsi sulla lunghezza d'onda del vero amore, necessitano di tempo e di esperienze (quattro matrimoni e un funerale per l'appunto), ma dopo averci regalato innumerevoli spunti divertenti e qualche azzeccato momento di sorridente amarezza (su tutti il discorso funebre tratto da una poesia di W.H.Auden) Mike Newell e l'ottimo sceneggiatore Richard Curtis hanno ancora la sfrontatezza di stupirci con un epilogo pragmatico e sornione: una volta trovato il coraggio per interrompere un matrimonio sbagliato, come osare di presentarsi ad un'altra celebrazione così "rischiosa" quando la passione del sentimento garantisce un romantico futuro?
  Allo stile delicatamente libertino di Quattro matrimoni e un funerale si contrappone in
Viaggio in Inghilterra l'austera (e realmente vissuta) storia d'amore tra lo scrittore Clive Staples (Jack) Lewis e la poetessa americana Joy Gresham: lei (Debra Winger), reduce da un divorzio si è trasferita in Inghilterra col figlio adolescente, lui (Anthony Hopkins), impeccabile professore di lingua e letteratura inglese ad Oxford, ne apprezza subito la fresca sensibilità e si fa convincere a sposarla civilmente per farle ottenere la cittadinanza britannica. La loro resta una simpatica amicizia fino a quando Joy non si trova condannata da un tumore osseo: di fronte all'improvvisa tragedia Jack scopre in sé un amore adulto e appassionato e la profonda religiosità dei suoi scritti ("il dolore è il megafono di Dio che risveglia un mondo sordo") deve mettersi d'un tratto a confronto con la drammaticità del vivere, rigenerando la sua esistenza in un'"umanità" non più soltanto "teorica" ma vissuta in concreta, personale sofferenza ("prego perché sono impotente, perché non posso farne a meno: questo non cambia Dio, cambia me"). Con la sua Joy ha giusto il tempo per una rigenerante luna di miele tra la splendida campagna dell'Herefordshire ("il dolore di domani fa parte della felicità di oggi"), poi gli resterà solo la consolazione del figlio col quale stringersi in un accorato abbraccio.
Denso di letterarietà, ma impeccabile nella trasposizione cinematografica (lo sceneggiatore William Nicholson è lo stesso autore della pièce teatrale originaria, Shadowlands),
Viaggio in Inghilterra di Richard Attenborough rivitalizza la classicità del cinema riscoprendo i ritmi pacati, la recitazione intensa, la delicata raffinatezza del cinemascope che, ancora una volta, mentre si sofferma ad inquadrare i suoi personaggi, ne approfitta per avvolgere con empatica commozione il pubblico in sala.

ezio leoni - La Difesa Del Popolo  27 novembre 1994