Onora il padre e la madre (Before the Devil Knows You're Dead)
Sidney Lumet - USA 2007 - 1h 56'

    È un grandissimo film Onora il padre e la madre, presentato fuori concorso alla Festa di Roma, di quelli, però, che non concedono nulla allo spettatore e gli negano il consueto balsamo consolatorio. Il veterano Sidney Lumet, ottantadue anni e un Oscar alla carriera, torna infatti sugli schermi con un thriller scabro, spietato, claustrofobico e a tratti d'insostenibile, benché strategica, sgradevolezza cadenzato sulle ore e i giorni precedenti e seguenti un'assurda rapina organizzata, ai danni della gioielleria dei propri genitori, da due sciaguratissimi fratelli. Sia Philip Seymour Hoffman (Capote) che Ethan Hawke (Prima dell'alba) entrano nel ruolo con un virtuosismo che lascerà a bocca aperta il pubblico competente, anche perché l'irresponsabilità, il vizio, la violenza e soprattutto un'abissale quanto comunissima mediocrità sociale ed esistenziale li pervadono da capo a piedi, finendo col perderli in un climax d'agghiacciante deriva etica. Il racconto della rapina, che solo sulla carta dovrebbe risolversi in un gioco da ragazzi, è destrutturato in un sapiente andirivieni nei tempi e nelle angolazioni di ripresa; ma il bello è che l'espediente virtuosistico del montaggio non serve solo a sottolineare con beffardo cinismo gli errori, le idiozie e gli sbandamenti che caratterizzano il piano, ma più ancora a significare nei gesti (anziché negli invadenti psicologismi cari al cinema di sotto casa) di quanta abiezione e quanta solitudine si nutrano i protagonisti. Non a caso Philip ruba dalle casse della sua azienda e si fa di eroina, mentre Ethan va a letto ogni giovedì con la moglie del fratello (Marisa Tomei): a fattaccio compiuto, quando la nemesi inizia a incombere su una New York anonima, grigia e periferica, si ritroveranno a fianco dell'inconsapevole padre padrone (Albert Finney) in un crescendo di rabbie, rancori e orrori che non possono né sanno arrestare proprio come se fossero personaggi di una tragedia greca o dello Shakespeare noir e cattivista. La qualità del film va quindi ricercata nella raggiunta fusione di uno stile classico, appunto lumettiano, con l'andatura nevrotica tipica del cinema contemporaneo, adeguata a una visione del mondo disillusa, rabbiosa e nichilistica. Non c'è spazio per effetti estetizzanti o spiegazioni didascaliche perché Lumet pone un'attenzione spasmodica alle sfumature, agli scarti, al «non detto» che sono riconoscibili nelle pieghe di ogni vita e possono, ahinoi, innescare l'inarrestabile banalità del Male.

Valerio Caprara Il Mattino

    Ecco «il» film da non perdere, agghiacciante riflessione del maestro 82enne Sidney Lumet che non si fa illusioni sulla Famiglia, non predica la vita, ma dispiega lucido la spirale inarrestabile cui porta l'avidità. Onora il padre e la madre è la nuova tragedia americana (e forse anche nostra) in epoca di mutui che soffocano e alimenti che ti strozzano. Protagonisti due fratelli, Andy (Philip Seymour Hoffman), broker con vizietto detta droga e matrimonio in crisi, e Hank (Ethan Hawke), vero perdente, separato con rissa che una volta la settimana va a letto con la bella moglie di Andy (Marisa Tomei, bellissima). Il quale convince il fratello nevrotico a rapinare la gioielleria dei genitori senza pericoli. E invece la madre muore nella sparatoria e inizia la discesa all'inferno, specie della psiche, mentre il padre Charles indaga fino all'atroce verità. Un puzzle narrativo spietato, dove i tempi del racconto si frantumano e poi si incastrano a ricostruire lo spavento della tragedia. Interpreti sbalorditivi, morale e crudeltà in luce satanica. Con quell'inizio secco, diretto: la scena di sesso tra Philip Seymour Hoffman e Marisa Tomei. Lui che la prende da dietro, il riflesso nello specchio, sudore, calore, amore, vizio e la catastrofe imminente.

Piera Detassis - Panorama


promo

Due fratelli organizzano una rapina nella gioielleria dei genitori, ma tutto andrà terribilmente male, mettendo in moto una serie di eventi che complicherà incredibilmente le loro vite. Una nuova, cruda tragedia americana resa magistralmente da Lumet: il momento del furto, che dovrebbe risolversi in un gioco da ragazzi, è destrutturato in un sapiente andirivieni nei tempi e nelle angolazioni di ripresa; ma tutto il racconto ha il respiro del grande cinema, di un puzzle esistenziale spietato, imbrigliato nella spirale inarrestabile cui porta l'avidità.


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