NO - I giorni dell'arcobaleno
(NO)
Pablo Larraín –
Cile/USA/Messico
2012
- 1h 50' |
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vincitore Quinzaine des Réalisateurs |
Pablo
Larrain, già autore di due film dall’indimenticabile personalità (Tony Manero,
Post mortem),
nel suo
No-I
giorni dell’arcobaleno
ricostruisce in modo esemplare i ventisette giorni di campagna
referendaria che segnarono l’inizio della fine per la dittatura di
Pinochet in Cile. Sotto una forte pressione internazionale il dittatore
dovette indire per il 5 ottobre 1988 - quindici anni dopo il colpo di
Stato che aveva abbattuto brutalmente, e con il diretto sostegno degli Usa
che ora vogliono cambiare cavallo, la democrazia di Allende - un
referendum su di sé nella persuasione che si sarebbe risolto in un
plebiscito favorevole. Non andò così ma le premesse furono estremamente
incerte. Soprattutto perché nelle file della variegata opposizione molti
non credevano che l’occasione poteva essere un’opportunità. Il film crea
il personaggio di un esperto di tecniche pubblicitarie (Gael Garcia Bernal)
che viene chiamato a concepire slogan, simboli, contenuti della campagna.
E lo fa all’insegna di una convinzione: non richiamare i dolori e gli
orrori passati, proporre ottimismo, allegria, fiducia nel futuro. |
Paolo D'Agostini - La
Repubblica
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La
democrazia è un forno a microonde. La libertà un prodotto da vendere a
suon di pubblicità. I diritti civili, la fine della barbarie dopo 15 anni
di orrori, una conquista strappata battendo il nemico sul suo terreno: la
propaganda, la seduzione delle masse, la capacità di vendere un sogno. A
costo di rimuovere le atrocità patite dal Cile sotto la giunta di
Pinochet. Accolto trionfalmente all'ultimo festival di Cannes,
No -
I giorni dell'arcobaleno
del cileno Pablo Larraín rievoca un fatto storico prendendo le mosse da
una pièce di Antonio Skàrmeta poi trasformata in romanzo (Einaudi). (...)
Ambiguità raggelante, che si riflette alla perfezione nelle immagini
sapientemente vintage e nelle calibratissime performances degli attori. Un
film decisivo, doubleface, più che mai attuale. Da meditare a lungo. |
Fabio Ferzetti - Il
Messaggero |
... È uno dei
film più rilevanti di questa stagione cinematografica (...). Pablo Larraín
il regista cileno di due potenti film storici che hanno raccontano momenti
diversi della vicenda sociale e politica del Cile al tempo di Pinochet,
tanto da costituire con quest'ultimo un'ideale trilogia. (...) il film
intreccia la ricostruzione finzionale con i repertori storici dando prova
di una operazione raffinata anche sul piano linguistico e formale.
Candidato agli Oscar stranieri, il film è una lezione di cinema e di
storia, da vedere e proporre nelle scuole e nelle università. |
Dario Zonta - L'Unità |
Cile,
1988. Il dittatore Pinochet, dietro ineludibile consiglio statunitense,
decide di indire un referendum popolare: Sì al mantenimento della
dittatura, No alla sua prosecuzione. Di fronte a uno scenario mediatico
rigidamente controllato, concede al cartello del No (composto da
democristiani e socialisti) 15 minuti di comunicazione “libera” in tv. I
promotori referendari assoldano un giovane pubblicitario di origine
messicana, Gael García Bernal, che ribalta la campagna rendendola
“allegra” e facendoli vincere.
Cineasta dal limpido talento, Pablo Larraín, dopo il capolavoro
Post mortem (2010), anatomia del Cile devastato dal golpe militare, rimette
insieme i cocci raccontando un evento epocale non solo per la vittoria
della democrazia ma perché traghettò il paese da una condizione di
chiusura “franchista” alla modernità dell’era consumista. Vedendo No. I
giorni dell’arcobaleno hanno tutti gioito per le sorti della gioiosa
macchina da guerra democratica, sottolineando (giustamente) lo stile aspro
del regista, al solito restio alla spettacolarizzazione dei valori
condivisi, fossero pure estetici. Nessuno però ha notato quanto sia
angosciante il finale: Bernal e il suo capo ex pinochetista si ritrovano a
lavorare a una pubblicità «stile James Bond», e la sequenza si chiude
sulla faccia tutt’altro che felice del giovane davanti a immagini frivole
quanto terribilmente vacue. Il vero senso politico del film è soprattutto
qui. Welcome to the Jungle. |
Mauro Gervasini -
FilmTV |
promo |
Nel 1988, il dittatore cileno Augusto Pinochet, messo alle strette
dalle pressioni internazionali chiede un referendum sulla sua
presidenza. I leader dell'opposizione convincono il giovane e
sfrontato pubblicitario René Saavedra a condurre la loro campagna.
Con poche risorse e costantemente sotto il controllo delle
autorità, Saavedra e il suo team mettono in atto un audace piano
per vincere le elezioni e liberare il loro paese dall'oppressione.
Pablo Larraín intreccia la ricostruzione finzionale con i
repertori storici offrendo una operazione raffinata anche sul
piano linguistico e formale. Candidato agli Oscar stranieri, il
film è infatti una lezione di cinema e di storia intriso di
un'ambiguità raggelante, che si riflette alla perfezione nelle
immagini sapientemente vintage e nelle calibratissime performances degli attori. Da meditare a lungo.
da vedere e proporre nelle scuole e nelle università. |
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LUX
- maggio/giugno 2013 |
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