Mine vaganti
Ferzan Ozpetek
- Italia
2010
- 1h 50' |
Segreti
di famiglia. Tutti ne hanno, nessuno li vuole. Ma il bello dei segreti è
che sono contagiosi. Ogni segreto ne genera un altro, poi un altro e un
altro ancora. Che alla lunga, naturalmente, sono sempre meno segreti e
sempre più comici (o tragici, ma più di rado).
Mine vaganti applica questo
principio al clan patriarcale di un industriale della pasta leccese e ci
porta di sorpresa in sorpresa con una leggerezza e una verve che il
regista de Le fate ignoranti
aveva un po' perso per strada dopo tanti film seri o seriosi se non cupi
ma poco convincenti (come l'ultimo,
Un giorno
perfetto).
Il segreto più esplosivo è quello di Riccardo Scamarcio, figlio del
patriarca Ennio Fantastichini, che torna da Roma con un piano. Il padre
vuole affidargli l'azienda di famiglia. Lui invece dirà a tutti che ha
altri progetti, vuole scrivere, ha un romanzo nel cassetto e soprattutto è
gay, è sempre stato gay e sempre lo sarà. Così, pensa, verrà cacciato di
casa e sarà finalmente libero. Un piano perfetto se qualcosa, non diremo
cosa, non andasse storto. Perché a casa Cantone ognuno ha il suo scheletro
nell'armadio. Papà Fantastichini annega i dispiaceri nel seno accogliente
della sua antica amante. Mamma Lunetta Savino sopporta quelle corna
istituzionali in cambio di un potere assoluto. La sorella zitella (ma
assai piacente), una spiritosa Elena Sofia Ricci, riceve ogni notte
l'amante urlando "al ladro, al ladro!" per giustificare la finestra
aperta.
Quanto al fratello di Scamarcio, Alessandro Preziosi, anche lui non dice
tutto... Mentre la collerica bellezza bruna che sfreccia per Lecce su una
spider rossa (Nicole Grimaudo: perché lavora così di rado?) è il mistero
in persona. E finirà per intrecciare un'intensa amicizia, anzi un
quasi-amore proprio con Scamarcio, che dopo aver rimandato il suo coming
out vive come sospeso fra due vite, due età, due città. In una lunga
parentesi coincidente con l'intero film, incorniciato da un drammatico
antefatto sepolto nel passato di nonna Ilaria Occhini (un altro
segreto...) che regge il peso "morale" della vicenda ma è saggiamente
concentrato nel prologo e nell'epilogo. Lasciando a Ozpetek
l'estro, il
piacere, la libertà di giocare con quel mondo in cui ognuno recita una
parte premendo come mai prima sul pedale del comico. Come nella lunga e
irresistibile visita degli amici gay venuti da Roma a trovare Scamarcio.
Un gruppo di "pazze" caricaturali (ma palestrate...) che solo
Fantastichini, nel suo perbenismo all'antica può scambiare per virili
rubacuori. Con conseguenze assolutamente esilaranti (anche perché la
servitù non la beve). A conferma che per dare il meglio prima o poi
bisogna buttare a mare convenzioni e preoccupazioni inutili. Anche dietro
alla macchina da presa. |
Fabio Ferzetti - Il
Messaggero |
Con
Mine vaganti, suo ottavo film, Ozpetek si discosta dalle tinte melò che
sembravano quelle a lui più congeniali, per abbracciare convinto un gusto
umoristico e sorridente. Per tornare su un tasto quasi sempre presente,
quello dei sentimenti dal punto di vista dell'omosessualità maschile, il
regista turco/italiano si mette in campo e dedica il film a suo padre.
Riproponendo un altro elemento caro, quello della comunità di affetti di
solito considerata in maniera trasversale e allargata, mette al centro una
famiglia in senso stretto, convenzionale e tradizionale. Una famiglia del
meridione italiano, pugliese di Lecce. Ma in trasparenza va letto un
riferimento all'esperienza e ai legami, all'educazione e alle origini, ai
rimpianti, ai non detti e alle delusioni dello stesso autore [...] La mano
di Ozpetek sugli interpreti non si smentisce: danno tutti il meglio e
Scamarcio decolla definitivamente. La chiave di commedia è riuscita ed è
il risultato della maturità, dei cinquant'anni del regista. Che ci dice
senza retorica qualcosa di semplice e assoluto: nessuno ha diritto di
dirci che cosa desiderare e progettare per la nostra vita. |
Paolo D'Agostini - La
Repubblica |
...La
trama si sviluppa in senso volutamente e piacevolmente ondivago, messa a
frutto da uno stile sincopato su misura dei solari e sensuali scorci della
città di Lecce e degli exploit come quelli del superFantastichini degno
erede del Saro Urzì di «Sedotta e abbandonata» inseriti in un concerto di
recitazioni armonico persino quando ha il fegato (qualcuno dirà
spudoratezza) di scatenarsi nei quadretti satirici farseschi. Non a caso
il pregevole lavoro sulle musiche dovuto a Pasquale Catalano aiuta
Mine
vaganti
a impastare il lievito, appunto, della commedia all'italiana dei
Germi o Monicelli con una visione più moderna, folle, spiazzante, camp,
dove l'originalità è anche quella di accostare Patty Pravo a 50mila
di Nina Zilli o The Way We Were dell'indimenticabile
melò con Redford e la Streisand.
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Paolo D'Agostini - La
Repubblica |
promo |
Con Mine vaganti, suo ottavo film,
Ozpetek si discosta dalle tinte melò che sembravano quelle a lui
più congeniali, per abbracciare convinto un gusto umoristico e
sorridente.
L'operetta
corale (ancor prima che morale) si tuffa di testa nella Lecce
barocca e nella famigliona dei pastai Cantone, tra immense
tavolate, una nonna che rimpiange l'amore e un figlio (Riccardo
Scamarcio, in ottima forma) che ritorna per confessarsi gay...
Solo il padre (il tumultuoso Ennio Fantastichini) rifiuta la
realtà e dà il via a una tragicommedia all'italiana con tutto quel
che possiamo immaginare, fra peccatucci provinciali esaltati fino
al gossip e fantasmi che davvero camminano tra noi. |
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- maggio 2010
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