Departures ha la capacità di reggersi su uno equilibrio formale e narrativo che permette di tracciare, (r)incorrere, osservare, definire, profili e prospettive dei personaggi che sono a contatto con il protagonista contribuendo all’identificazione e alla costruzione di uno sguardo scomposto anamorficamente in diverse varianti del desiderio. Ne sono un esempio la moglie tanto docile quanto indisposta ad accettare una vita assieme a un compagno impuro (perché questo è il giudizio sociale e culturale verso chi viene a contatto con i morti) e il vecchio maestro nokanshi, un professionista che gode appieno dei piaceri della vita, dal cibo sulla sua tavola alle piante di cui si circonda. Nel delicato mantenimento del gioco delle pulsioni, il regista, attraverso la meticolosa preparazione dei corpi senza vita, come in una composizione artistica sublime e fissata nel tempo, produce uno strappo improvviso e inaspettato, nel quale si insinua la percezione di essere sbirciati nell’imperturbabilità della nostra più inconscia e impronunciabile paura. >> |
Alessandro Tognolo - MC magazine 26 giugno 2009 |
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Daigo Kobayashi è un violoncellista la cui orchestra si è sciolta, lasciandolo senza lavoro. Stanco e privo di speranza, decide di fare ritorno insieme alla moglie alla sua città natale, con l'intento di ricominciare una nuova vita. La ottiene un incarico come nokanshi, praticamente un becchino. Nonostante la moglie e i vicini non nutrano molta stima per ciò che fa, Daigo scopre in questo suo nuovo lavoro ciò che mancava alla sua vita.... Tanti sono i temi proposti: il contrasto città/provincia e modernità/tradizione, l'accettazione della morte come estremo momento della vita, l'essenzialità del Rito nella cultura giapponese. Non senza momenti di humour e situazioni comiche, talvolta surreali ma mai irriguardose. Un film delicato, di struggente poesia, a tratti commovente. |
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LUX
- maggio 2010 |
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TORRESINO
- giugno 2010 |
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cineforum ANTONIANUM/The Last Tycoon 2010-2011 |