Quando hanno
genitori nel mondo dello spettacolo, i figli - dietro le quinte del
palcoscenico - difficilmente applaudono.
Il
matrimonio è un affare di famiglia
(il titolo originale,
Clubland, evoca proprio il rapporto tra arte e vita) viene dall'Australia, rarità
quindi per le nostre sale, e ci presenta un ritratto domestico bizzarro,
come le dinamiche interpersonali che sottende. |
Federico Raponi - Liberazione |
Dietro un titolo misterioso da commedia brillante, si cela un classico dramma edipico in stile ' 70, l'ombra di un Tennessee Williams corretto in una notte fuori alla Pinter. Performance grandiosa di Brenda Blethyn (L’erba di Grace), madre di origine australiana e cabarettista in declino che lavora in una mensa, fa serate con battute trash alla Bob Hope ma non si decide ad allentare la briglia al figlio maggiore (l'altro è disabile) neppure quando trova la sua bionda: notte di tregenda freudiana prima di accettare la nuora, si ridiscute il bilancio affettivo di casa prima del the end con nozze. Diretta dall' esperta di tv e spot Cherie Norland, è un' amara commedia psicanaliticamente banalotta ma sorretta da un impegno collettivo del cast, dal ritratto di una famiglia eccentrica nel frequentato genere che di recente ha smosso nevrosi casalinghe ed additato quel potere matriarcale ben impersonato da Diane Keaton. |
Maurizio Porro – Il Corriere della Sera |
«Preferivo mi dicesse che era gay!», sbotta Jean (Brenda Blethyn, miglior interprete di Segreti e bugie, secondo Cannes), madre separata e cabarettista, quando apprende che il suo Tim (Khan Chittenden), 20 anni di ormoni e fantasia, vuole sposarsi. La vita ha preso a calci questa povera cantante che ha un altro figlio, disabile, del quale si prende cura con il primogenito. E se nel delicato ménage s'inserisce la disinibita Jill (Emma Booth), addio rapporto privilegiato madre-figlio. L'amore e il sesso comportano una crescita emotiva per i protagonisti. Dove formazione e divertimento si tengono per mano alla perfezione. |
Cinzia Romani – Il Giornale |
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LUX - aprile/maggio 2008 |
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