I lunedì al sole
(Los
lunes al sol) |
da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro) |
Lunedì, maledetto lunedì. Parente di Ken Loach, del marsigliese Robert Guèdiguian, del Duvivier della Bella brigata e del Cantet di A tempo pieno, lo spagnolo premiatissimo Fernando Leòn de Aranoa, in apparenza anti Almòdovar, fa un cinema militante in cui predilige il fattore umano a quello sindacale. In I lunedì al sole, quattro cassintegrati dei cantieri navali della Galizia di Aznar, frustrati oggi più di ieri e meno di domani, reagiscono cercando altri lavori, aprendo un bar o bevendosi un bar. Si ritrova l'alleanza complice maschile: al lunedì invece di lavorare si sta leoni al sole. E c'è chi deve pure pagare 8000 pesetas per aver rotto un lampione. Bellissimo film, che si basa non su una ma su migliaia di storie vere, parla sottovoce, racconta come sono intricati e spigolosi i rapporti umani, com'è difficile perder la dignità: una commedia sociale di gran verità al di là dei manifesti ideologici. Capace di spirito - la partita di calcio con una sola porta, «ho visto il compagno Dio, dice che non esiste» - e di mixare Modugno, Tom Waits e Trenet nella colonna sonora, il film ha in Javier Bardem, e non solo in lui, un protagonista di eccezionale comunicazione, ricco interiormente di contraddizioni e violenza, bravo a raccontare la fiaba della cicala e la formica. Sono gli amatissimi non eroi di una foto di gruppo con cui il regista fa scattare, in sintonia muta, un effetto a catena di simpatia, liberazione, solidarietà: beni primari, eccezioni affettive nella borsa dei cine-consumi. |
da La Repubblica (Roberto Nepoti) |
Galizia. Ogni lunedì Santa e i suoi amici, disoccupati da cinque anni per la chiusura di un cantiere navale, vanno in città nella speranza di trovare lavoro. Uno sembra non aver perduto l'ottimismo: un posto, prima o poi, si troverà. Un altro intrattiene rapporti difficili con la moglie, alla quale rimprovera di avere un lavoro. C'è chi ha aperto un bar che serve da ritrovo per tutti; chi si lascia affondare nella solitudine. Santa (Javier Bardem) non rinuncia, fieramente, a rivendicare i propri diritti e quelli degli amici. Non c'è solo il cinema britannico a raccontare storie di proletari e disoccupati, danni collaterali dell'economia globalizzata cui lo schermo tende di gran lunga a preferire i racconti consolatori di successo e felicità. Al suo terzo film di fiction, lo spagnolo Fernando Leon de Aranoa mette in scena la solidarietà che unisce un gruppo di antichi lavoratori navali, quarantenni e oltre, quindi emarginati dal mondo della produzione. Sono uomini logorati dalle illusioni, dalla frustrazione, dalle umiliazioni, dalla solitudine o dall'alcol; a volte pensano di arrendersi. Malgrado tutto ciò, il film è la cosa più lontana dal vittimismo che si possa immaginare; i dialoghi sono vivaci, realistici, anche divertenti; alcuni personaggi danno prova di un'indomabile vitalità. I lunedì al sole è un film anticapitalista senza mezzi termini, ma che afferma la prevalenza dell'essere sull'avere assumendo un punto di vista umanista, senza prediche né pistolotti ideologici. Affettuoso e amaro insieme, raccontato con un tono cronachistico che ricorda il neorealismo italiano, ha fatto razzia di riconoscimenti: cinque Goya (l'Oscar spagnolo) tra cui miglior film, miglior regista, miglior attore protagonista; vincitore a San Sebastian; candidato all'Oscar come miglior film straniero. Battendo un concorrente del calibro dell'almodovariano Parla con lei. |