Kill Bill - volume 1
-
Quentin Tarantino
- USA 2003
- 1h 50' |
Attenzione,
Kill
Bill,
a differenza di
Il Signore degli Anelli,
non è in realtà un unico film omogeneo spezzato (in 2), è un’idea
cinematografica originale e ardita che “si attua” in due volumi distinti
e che nella sequenzialità disoramonica delle due trance trova un surplus
d’emozione, una rivitalizzazione dell’intrigo narrativo, una esternazione
sfacciata di una creatività indomita. Eppure (e proprio per questo)
occorre un discorso critico unitario per affrontare con dovizia d’analisi
la saga di Quentin & Uma. Solo la compiutezza della visione permette
cioè di comprenderne appieno il percorso diegetico, di vagliare l’evolversi
della forma stilistica, di estrapolare con cognizione di causa il
pulsare del mito e la nemesi della sua rappresentazione. Kill Bill volume 2 arriva (dopo quattro mesi, splendida iterazione extrafilmica della tensione interna!) sull’onda della suggestione di quella notizia, ma subito cambia il registro dell’emozione. Una folgorante sequenza monocromatica di Uma Turman al volante della sua auto (“I’m gonna Kill Bill”) poi “si torna” (ancora in bianco e nero) nella chiesa del massacro, per le prove delle nozze. Tanto più l’atmosfera è serena e festosa, tanto più la presenza di Bill (finalmente lo vediamo, il “mitico” David Corradine), che promette di “fare il bravo”, diventa angosciante premonizione del massacro imminente. Al sopraggiungere dei quattro della squadra della morte fanno eco il rumore e le fiammate delle armi… E Beatrix (ora il nome della protagonista non è più “oscurato” da sfiziosi beep), katana in mano, procede nel suo tour di vendetta contro i supereroi del male! Solo che Budd/Sidewinder (Michael Madsen), fratello di Bill, è meno sprovveduto di quanto il gioco narrativo lasci prevedere e la sorpresa (per pubblico ed eroina) è sconvolgente. A seguire: una gotica sequenza di “sepolta viva”, un ulteriore flash back per l’iniziazione di Black Mamba alla nobile scuola di arti marziali (dal maestro Pai Mei), un furibondo duello all’ultimo occhio con Elle Driver/California Mountain Snake (Daryl Hannah) e… l’incontro con Bill. La tensione si stempera all’improvviso per la presenza della piccola B.B., resta in surplace mentre Bill disquisisce su Superman e i tranquilli “uomini in vestito grigio” (qualcuno aveva lamentato la mancanza dei deliranti sproloqui di Pulp Fiction?), si riaccende in una prova di forza lama contro lama. Ma ancora una volta le dinamiche “terminali” di Tarantino sono fuori standard: alla fine di un eroe (anche se negativo) si addice un tocco vellutato di regia e il futuro di Beatrix Kiddo e di sua figlia merita un romantico taglio surreale. Languido sguardo materno e katana a tracolla! Lo script complesso e articolato, l’orchestrazione meticolosa di ogni tassello di sceneggiatura basterebbero da soli a far lievitare il giudizio critico, ma il cinema di Quentin Tarantino vive di virulenza figurativa quanto di possanza del racconto. E la strutturazione in due volumi gli permette ulteriori vezzi cinefili. Se il primo tomo è un susseguirsi di sussulti e folgorazioni, nel secondo, esaurita l’urgenza chiarificatrice del plot, sopita la frenesia citazionistica dell’universo cinematografico del B-movie (l’eccesso della parentesi sanguinolenta del volume 1 è finalizzato ad una catarsi di riferimenti orientali, la turgida invadenza muliebre è figlia di Russ Meyer e della black-exploitation), in Kill Bill volume 2 Tarantino può essere se stesso fino in fondo. La citazione vira in tributo: un omaggio a Ford (che emozione quell’uscio "di" Sentieri Selvaggi, quel portico che guarda sul deserto), il taglio delle inquadrature alla Sergio Leone, i suoni strazianti di Morricone. Ma più che nell’epica del western-spaghetti, più che nella caricatura estremizzata del fumetto, Kill Bill si esalta nella reinterpretazione di tutto il cinema di genere, ricomponendolo in un’iperbole autoriale di straordinaria suggestione: la tuta gialla di Bruce Lee sul corpo sinuoso di Uma Turman, lo schermo buio per immortalare la sequenza più angosciante, una bimba che prima di addormentarsi vuole vedere Shogun Assassins, il placarsi mortale del tocco delle cinque dita, amour fou e sadica vendetta. Il meraviglioso lato oscuro del cinema. |
ezio leoni - La Difesa Del Popolo 9 maggio 2004 |