Un insolito naufrago nell'inquieto mare d'Oriente
(Le cochon de Gaza) |
Prima o poi qualcuno scriverà una storia del cinema dal punto di vista degli animali, nel senso degli animali usati come personaggi a tutto tondo, e ne vedremo delle belle. Dalla vacca di Buster Keaton all'asino di Bresson fino ai compagni di sventura del naufrago in Vita di Pi, passando per chissà quanti cani, gatti, scimmie e cavalli (perfino Godard ha messo il cane di casa al centro del suo ultimo film), registi e autori non hanno smesso di ricorrere alle più varie specie animali per sviluppare il racconto e talvolta il sottotesto filosofico, sociale o religioso dei loro film. A quest'ultima categoria appartiene senz'altro il maiale beffardamente piazzato dall'esordiente Sylvain Estibal nelle reti di un pescatore... palestinese. Il maiale è infatti l'animale più impuro che ci sia per i musulmani. E tirare su con la rete un bel porcellino vivo, nel mare sempre meno pescoso di Gaza, è un oltraggio e una disgrazia per il povero Jafaar (lo straordinario Sasson Gabay che qualcuno ricorderà nel film israeliano La banda. (...) Le cochon de Gaza, cioè «Il maiale di Gaza», come suona il titolo originale, è un film satirico abbastanza all'antica e non sempre molto sottile, che però ha dalla sua diverse anomalie molto interessanti. La più vistosa riguarda l'autore, uno scrittore e giornalista franco-uruguayano estraneo al cinema come alle due nazionalità in gioco nel film. Il che sulle prime può lasciare perplessi, ma fa riflettere. Perché mai sulla questione palestinese (o israeliana) dovrebbero intervenire solo i diretti interessati? Estibal difende la sua libertà d'autore, scompiglia le carte, non rispetta niente e nessuno. E tra un omaggio a Chaplin e uno a Fernandel sfiora l'Intifada, il muro d'Israele, il fanatismo e il culto dei martiri. Lasciando il terreno della farsa solo per un'isolata impennata poetica (nel frattempo l'ingenuo Jafaar è diventato il primo 'martire' vivo e vegeto - in pratica una star - della storia islamica...). Peccato che il doppiaggio italiano cancelli le differenze di lingua e cultura fra i protagonisti. Ma queste sono ingiustizie di casa nostra. |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
Jafaar
è uno pescatore palestinese che pesca sardine e vive con la moglie lungo il muro
della Striscia di Gaza. Dimenticato da Allah, incalzato dai creditori e avvilito
da una vita sorvegliata da Israele e dai suoi militari, che 'bazzicano' la sua
casa e controllano ogni suo respiro, Jafaar butta la rete in mare e una mattina
pesca l'impensabile: un grosso maiale vietnamita. Considerato animale impuro
dalla sua religione, decide subito di sbarazzarsene. Il desiderio di qualcosa di
meglio per lui e la sua consorte tuttavia lo fa desistere e il maiale diventa
una fonte inaspettata di guadagno. Dopo numerosi tentativi falliti al di là e al
di qua del muro, Jafaar trova in una giovane colona russa e nella capacità
riproduttiva del suo maiale il business e la risposta alle sue preghiere. Quando
tutto sembra andare finalmente per il verso giusto, un gruppo di terroristi
integralisti lo recluta suo malgrado, mandando letteralmente in aria il suo
commercio e la sua vita. |
Marzia Gandolfi - mymovies.it |
promo |
All'indomani di una tempesta, il pescatore palestinese Jafaar si ritrova per caso nella rete un maialino vietnamita: dopo aver tentato di sbarazzarsi dell'insolito naufrago, l'uomo decide di "approfittare" di quella pesca inaspettata, lanciandosi in una ingegnosa quanto rocambolesca iniziativa... Un punto di vista surreale, un evento impossibile ma poeticamente plausibile, un apologo in forma di commedia degli equivoci ispirato, divertente e anche coraggioso. Un’opera prima che osa trattare il conflitto tra palestinesi e israeliani mostrandone la parte assurda e tirando paritariamente colpi agli uni e agli altri: così convinti di rappresentare valori opposti, mentre si somigliano più di quanto sembri. |