La sposa siriana (The syrian bride)
Eran Riklis - Francia/Germania/Israele 2005 - 1h 37'


sito ufficiale

da La Repubblica (Roberto Nepoti)

      Benvenuti nel Paese dell'assurdo, dove tutto il potere spetta ai confini: non solo quelli politico-geografici, ma anche i confini mentali, psicologici, emotivi. Spesso, i più difficili da varcare. Mona, ragazza drusa, vive nel Golan occupato dagli israeliani. Però sono imminenti le sue nozze con un attore di sit-com siriano, che neppure conosce: una volta passata la frontiera, la giovane non potrà più tornare indietro. Se la situazione è, a priori, drammatica, Eran Riklis film successivo in archivio ha scelto di rappresentare una commedia con venature d'assurdo. Come in una buona commedia all'italiana del passato, i primi venti minuti servono a installare i personaggi rendendoceli famigliari: Mona dallo sguardo triste, il padre filosiriano in libertà vigilata, la sorella emancipata, il fratello ripudiato, quello che si è messo "in affari". Il piccolo universo famigliare rappresenta in via emblematica lo stato di follia quotidiana in cui vivono i cittadini dei due Paesi in guerra, Israele e Siria. A tratti, il teatrino dell'assurdo di La sposa siriana richiama il cinema balcanico di Kusturica e di Tanovic. Mettendo in scena il nonsense degli uomini, delle frontiere, della burocrazia, Riklis rappresenta shock culturali e crisi individuali d'identità senza cadere nelle trappole del film a tesi. Nell'impianto corale, ben padroneggiato, spiccano i personaggi femminili: donne capaci di mostrarsi irriducibili guerriere dinanzi alla demenza della guerra, che lo sguardo del cineasta segue con rispetto e ammirazione.

da La Stampa (Alessandra Levantesi)

      Una giovane donna che convola a nozze: che c'è di strano? In teoria nulla, ma dipende. Per esempio, Mona, «La sposa siriana» del film di Riklis, ha qualche problema. Vive infatti in un villaggio sulle alture del Golan, in una zona occupata dagli israeliani a ridosso della frontiera con la Siria, e appartiene alla minoranza drusa considerata di nazionalità «indeterminata» da entrambi. In quanto attivista filosiriano, il padre della ragazza è agli arresti domiciliari; e il suo futuro sposo, che neppure conosce perché il matrimonio è stato combinato tramite foto, è un viso noto della TV di Damasco. Il che significa che una volta oltrepassata la frontiera, Mona non potrà più rientrare. Non ci vuole molto a capire che in una situazione così le cose possono diventare parecchio complicate, se non addirittura drammatiche. Tuttavia Riklis (classe 1954), che vive a Tel Aviv e ha firmato numerosi spot e più di una pellicola campione di incasso in Israele, conosce l'arte di divertire e ha scelto una riuscita chiave di commedia all'italiana, orchestrando con la sceneggiatrice palestinese Suha Arraf un pittoresco affresco corale. Per le nozze tornano al borgo natio i fratelli emigrati di Mona: uno da Mosca con una moglie russa poco gradita, l'altro dall'Europa ed è un mezzo imbroglione. Interpretata da attori abili a svariare fra la lacrima e il sorriso, la storia è raccontata con freschezza e semplicità, però mettendo bene a fuoco il tema del «potere dei confini» non solo fisici, bensì anche «mentali ed emotivi». La stupidità kafkiana delle congiunte burocrazie non è l'unico male: nella piccola comunità drusa pregiudizi, tradizioni costrittive, chiusura al diverso creano contrasti e problemi. A farne le spese sono soprattutto le donne e non è un caso che proprio a loro sia affidato nel bel finale il messaggio di libertà e tolleranza.

i giovedì del cinema invisibile TORRESINO ottobre-dicembre 2005