Sparato a velocità supersonica dal regista Gary Fleder, piomba sugli spettatori
questo scattante film d'inseguimento, da iscriversi alla categoria dei film di
fantascienza. Impostor ha una paternità nobile, trattandosi di un racconto di
uno dei più amati e stimati scrittori di fantascienza, Philip K. Dick, al quale
si devono i successi di
Blade Runner,
Atto di forza e l'atteso
Minority Report,
di
Steven Spielberg. Il racconto
Impostor risale al lontano 1952, quando
l'autore aveva solo ventiquattro anni. Come in ogni suo racconto Dick mostra un
futuro alienato da altri futuri, come quello di Orwell, nel quale la tecnologia
è la messa a punto di progetti che l'autore viveva al suo tempo e che sviluppava
per mostrare la soffocante immanenza di un ordine superiore, basato su una
tecnologia il cui scopo era il controllo di tutto. Temi già attraversati da
altri autori, con minore veemenza e visionarietà. Attualizzato dagli
sceneggiatori Scott Alexander, Carolyn Case, David Twohy ed Ehren Kruger, il
film, ambientato nel 2079, descrive la fuga disperata di un giovane scienziato
governativo, Spence Olham (Gary Sinise), una sorta di eroe nazionale, accusato
di essere una spia al soldo degli alieni con i quali la Terra é ormai in lotta e
costretta a vivere protetta da enormi cupole. Ogni abitante della Terra ha
inserito nella colonna vertebrale un microchip, denominato «Codice Sim», che
consente di rintracciarlo in ogni momento. Nulla di originale se non si
trattasse di qualcosa che in qualche modo il futuro «reale» sta davvero
architettando. Essendo uno scienziato, Olham tenta di neutralizzare i sistemi di
intercettazione che il suo cacciatore, l'addetto alla sicurezza Hathaway (Vincent
D'Onofrio), ha predisposto. Sposato con Maya (Madeleine Stowe), Olham teme che
la fiducia della donna amata possa venire meno sotto la pressione della polizia
segreta. E lo stesso protagonista si interroga se davvero lui stesso non sia ciò
che dicono ed i suoi dubbi sono anche degli spettatori. Una visione. bivalente
che arricchisce un film altrimenti affascinante per la precisa ricostruzione
degli ambienti futuri, per l'incalzare degli avvenimenti e l'ansia che sa
comunicare, tra cunicoli, notturni inquietanti e fughe precipitose. E quanto
accadrà in seguito non è poi così prevedibile, secondo la direzione impressa
dalla narrazione. Il regista Gary Fleder ha al suo attivo due thriller di
qualità: Cosa fare a Denver quando sei morto (1995) e
Il collezionista (1997);
questa è la sua prova migliore. Discretamente spettacolare, incisivo e veloce,
Impostor ha al suo attivo la performance di Vincent D'Onofrio, il soldato grasso
di
Full Metal Jacket, un segugio che sa rendere odiose le sue buone ragioni.
Gary Sinise,
il protagonista, è uno di quegli attori dei quali ti accorgi quando non ci sono.
La sua fuga da se stesso e dal mondo interessa ciascuno di noi. |