Eva e Adamo
Vittorio Moroni
- Italia
2009
- 1h 17' |
Una
signora milanese di più di settant'anni coniugata con un senegalese di
trentacinque; una giovane spogliarellista dei programmi notturni per la
hot line telefonica dell'899; una coppia conosciutasi a Lourdes (lui
disabile per sclerosi multipla, lei infermiera). Sarebbe facile farne un
resoconto archiviandolo come un reportage sociologico. Ci sono coppie di
ogni genere e l'amore ha il diritto di crescere e germogliare dove vuole:
non è questa la sua forza? Solo che dietro questa premessa rassicurante lo
sguardo apparentemente sereno di tutto il film dissemina con abile
noncuranza, come se l'occhio della macchina li registrasse per caso,
indizi di una lettura diversa e meno conciliante. La signora milanese fa
uscite di un razzismo così disarmante da far tenerezza, il compagno della
spogliarellista simula la gelosia dietro la vaghezza di una rimozione sin
troppo plateale e dietro l'infermiera, commovente, c'è una idea di amore
che è cura integrale, e totalizzante, dell'Altro. Fassbinder se la
riderebbe. Era la sua ossessione: amore significa sempre anche potere,
controllo, soggezione. Autore appartato ma coriaceo (Tu devi essere il
lupo e
Le ferie di Licu) Moroni filma un documentario ma si ritrova tra le
mani personaggi da romanzo. La dedizione sfuma nell' egoismo, la tenerezza
nella solitudine e la convivenza nasconde sempre negoziazioni meno
cristalline di quello che appaiono: più che un film, un bisturi minuto,
veloce e affilato, dolce e insanguinato, che incide "ti amo" tra riflessi
di luce e gocce vermiglie. |
Mario Sesti –
Film Tv |
L'attenzione
che ha circondato i film di Vittorio Moroni, il suo esordio
Tu devi essere
il lupo o
Le ferie di Licu, potrebbe ripetersi per questo nuovo lavoro
Eva
e Adamo, film d'amore che si avvicina il più possibile a Eva, personaggio
sempre misterioso. La forma è quella del documentario, ma il segreto di Moroni è ciò che riesce a captare con la macchina da presa che si fa
cinema di finzione strada facendo, quasi nei pochi centimetri che lo
separano i suoi soggetti. Deve essere una questione di tempi, montaggio,
scelta dei personaggi, di intuire il momento dell'attacco e lo svolgersi
dell'incontro. Le tre donne che raccontano la loro vita in alcuni momenti
devastata (come del resto fu quella di Eva) sono una scrittrice, Erika,
sposata con un giovane senegalese, come in una nuova vita, dopo altri
matrimoni e una vita vissuta pienamente. Deborah, mamma e pornostar, due
identità separate che non possono essere mantenute a lungo, ma ad ognuna è
stata dedicata energia e passione, anche se è arrivato il momento di
cancellare la ribalta. Veronica, crocerossina a Lourdes, con una visione
tolstojana della vita (sarebbe meglio dire «emiliana», per la sua
solarità) e poi moglie felice di un uomo infermo, colpito da malattia
degenerativa con il quale ha costruito famiglia e figli. Il processo che
Moroni mette in moto sullo schermo e che rende questi personaggi meno
terreni e più astratti, quindi attraenti come protagonisti di romanzi è
quello della costruzione del
paradiso terrestre e poi della caduta, ma non tale da non poter essere
sopportata. La ricca personalità delle
donne
che raccontano la loro storia fronteggia situazioni anche al limite, che
possono capitare a chiunque guardi alla vita con sfida e avventura,
fronteggiate con spavalderia o grazia.
Le ferie di Licu raccontava la storia di Licu, ragazzo bangladese
residente a Roma che tornava in patria a sposare Fancy con un matrimonio
combinato, scelta dalla sua famiglia. Qui siamo nel regno della libertà
assoluta, del matrimonio d'amore, dove libertà e affettività potrebbero
esprimersi. |
Silvana Silvestri - Il
Manifesto |