Edmond
Stuart Gordon
- USA 2005 - 1h 26'

Venezia 62° - Fuori concorso

   Edmond è cinema-teatro allo stato puro. Tratto da una impeccabile sceneggiatura di film precedente in archivio David Mamet film successivo in archivio, scarna, essenziale, piena di significanti e significati, ma per crudezza del testo rifiutata e, di conseguenza, trattenuta in fondo al cassetto finché non si è presentata l’occasione ad hoc per renderla scena-film-spettacolo << – per pudica volontà dello stesso Mamet che, innamorato del suo plot non voleva rinunciarci o ridurlo alla mercè del primo produttore politically correct – Edmond è stato alla fine affidato alle abili mani di Stuart Gordon, regista americano noto per le sue rivisitazioni cinematografiche scaturite dai racconti di H.P.Lovecraft o per il fantasy epico Dagon, che con questo primo bagno nel thriller (anche se è riduttivo definire con un semplice genere questa pellicola), si è di sicuro guadagnato, ulteriormente, un piccolo posto nel Paradiso dei cinephilés.
   Storia trasgressiva, inquietante, nelle migliori abitudini ed intenzioni di Mamet che riesce sempre a stupire, ma qui con un punto di maturità notevolmente maggiore.
Edmond narra di un agente di cambio insicuro ed insoddisfatto del suo lavoro e della sua vita coniugale, posti ormai su binari noiosi e disperatamente uguali a se stessi, giorno per giorno, sempre più: prova allora a dare un taglio a tutto, nel giro di poco, dando inizio ad una caduta libera che è, in realtà, una discesa agli inferi con tutti i crismi. Il baratro sembra attenderlo ed in effetti lo ghermisce, lo avviluppa ma si sa, toccato il fondo, inizia la risalita, la rivalsa, il recupero ed il riscatto.
Nel luogo che può rappresentare l’abiezione massima, paradossalmente ma neanche tanto, pare avvertirci Mamet, si può ritrovare un se stesso perduto o, meglio, dato per perso in maniera definitiva: e il paradosso sta proprio nel finale salvifico che qui non si descrive, per nulla togliere alla visione della intelligente soluzione della sceneggiatura che pure, ancor più paradossalmente, ma non poi così tanto, avrebbe potuto avere altri due plausibili finali; al contrario, la scelta del terzo, definitivo e si diceva – a modo suo salvifico, non sicuramente bigotto - è stata quanto mai appropriata.
Magistralmente interpretato da William H. Macy – amico di Mamet e perfetto e felice, ma non pedissequo, trascrittore dei suoi intenti (come ha avuto modo di dichiarare in conferenza stampa) -
Edmond si avvale pure di un cameo di rilievo, una piccola comparsata di Joe Mantegna, l’attore feticcio di Mamet fin dall’opera prima, sempre insuperata,
La casa dei giochi la cui interpretazione, seppur a livello subliminale, rimane la seconda più importante del testo filmico, visto che a seguire, passo passo, Edmond, il protagonista, applica alla lettera i suggerimenti che Mantegna/Angelo del Male/realista direttore spirituale? gli ha propinato durante una serata-sfogo tra amici al bar in incipit al film.

Maria Cristina Nascosi - MC magazine 14 - ottobre 2005


promo

Edmond, una vecchia piece teatrale di David Mamet, è l'inquietante script "tutto in una notte" che sorregge questo grottesco film diretto da Stuart Gordon. La storia è quella di una sanguinosa discesa negli inferi dell'orrore mentale che nasce da una semplice constatazione: «Ogni paura nasconde in realtà un desiderio».emente interpretato da William H. Macy, represso per eccellenza del cinema d'autore americano (Boogie Nights, Magnolia, Fargo), questo grottesco noir metropolitano trova la sua forza in una struttura vertiginosa e incalzante che non lascia tregua dall'inizio alla fine, svelando senza moralismi e con una buona dose di feroce ironia, come l'odio e il razzismo siano le malattie civili del nostro secolo.


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