Salvador - 26 anni contro (Salvador Puig Antich)
Manuel Huerga - Spagna/Gran Bretagna 2006 - 2h 04'

da XL (Lorenzo Maiello)

        Questo film è forte. Molto forte. Perché quando una storia è vera tutto diventa più intenso. Quando finisce tragicamente ci si commuove di più. E quando riguarda una condanna a morte ingiusta — sempre che possano esistere condanne a morte non ingiuste - è ancora peggio. Tanto che rischia di diventare troppo. Siamo in Spagna tra il 1973 ed il '74 e Salvador è Salvador Puig Antich, l'ultimo condannato a morte per motivi politici del regime franchista. Il film racconta i disperati e inutili tentativi per salvarlo di amici, parenti e avvocati. Ed a montaggio alternato, con l'espediente del suo racconto all'avvocato gli ultimi mesi prima dell'arresto. La fuga da casa, la militanza nel gruppo di estrema sinistra, gli amori, le canne, le armi e le rapine. Fino alla trappola finale: il conflitto a fuoco in cui Salvador uccide un poliziotto e viene arrestato. Ritmo serrato, bravi attori e notevole la ricostruzione degli anni Settanta. Che poi era solo trent'anni fa ed è sorprendente come un paese possa passare in così poco tempo da una buia dittatura a Zapatero.

da Il Corriere della Sera (Paolo Mereghetti)

        Il rischio di un film sulla Storia del passato è spesso duplice: quello di essere «scontato» (sappiamo già tutto quello che è avvenuto), con il suo quasi obbligatorio corollario (per non annoiare lo spettatore, il regista e gli sceneggiatori si rendono troppe libertà. Spesso gratuite) e quello di essere «illustrativo», di rifugiarsi cioè in una ricostruzione visiva tanto accurata quanto sterile. Salvador -26 anni contro non è scontato né illustrativo, anche se ricostruisce un fatto di cronaca (meglio: di cronaca-politica) che dovrebbe essere conosciuto: l’esecuzione per garrota dell’ultimo prigioniero politico di Spagna. Non è scontato perché evita la strada più facile dell’invettiva politica (la Spagna era quella di Franco alla fine del suo potere, nel momento delle feroci repressioni poliziesche di inizio anni Settanta) e non è illustrativo perché cerca di scavare nella testa e nel cuore di un giovane ventenne che mette in gioco la sua vita per tener fede alle proprie idee.
Al centro del film c’è infatti Salvator Puig Antich, studente universitario catalano che sul finire degli anni Sessanta passa dalla contestazione studentesca alla costituzione del MIL, il Movimiento Ibèrico de Liberaciòn, influenzato dai pensiero anarchico e trotzkista, responsabile di una serie di rapine nelle banche spagnole per finanziare la lotta operaia che stava crescendo al di fuori delle organizzazioni tradizionali della sinistra.
Il film si apre con l’arresto di Salvador, il 25 settembre 1973, e con lo scontro a fuoco (dalla dinamica piuttosto ambigua) durante il quale Salvador fu ferito gravemente mentre un poliziotto della Brigada Politico Social restò ucciso; usa i colloqui in carcere con l’avvocato difensore per mettere a conoscenza anche dello spettatore il suo passato di militanza e di clandestinità, a cavallo tra la Spagna e la Francia, dove si nascondevano molti fuorusciti; e poi segue con sempre maggior puntualità l’ulti mo periodo della sua vita, con la condanna del tribunale militare, la conferma in appello della sentenza di morte e il rifiuto della grazia che portò all’esecuzione del 2 marzo 1974, secondo il barbaro metodo della garrota (una vite manovrata dal boia stringe sempre più il collo del condannato fino a spezzargli le vertebre).
Alla sua uscita in Spagna il film di Manuel Huerga, così come il romanzo-inchiesta di Francesco Escribano da cui Luìs Arcarazo ha tratto la sceneggiatura, sono stati duramente attaccati dagli ex militanti del MIL. Contestavano l’ambigua identità sociale della famiglia da cui proveniva Salvador (nella realtà meno popolare di quella vista al cinema, il che avrebbe finito per stemperare la valenza antiborghese delle sue scelte) e soprattuttola vaghezza in cui erano state lasciate le motivazioni politiche e le azioni rivoluzionarie del movimento.
Eppure proprio questa «indeteriminatezza» nella ricostruzione del passato militante di Salvador finisce per diventare uno dei pregi non secondari del film, che evita in questo modo le tirate retoriche quasi obbligate in questi casi (i pochi passi falsi del dialogo si riferiscono proprio alle discussioni «teoriche» tra i militanti) per cercare di raccontare lo spirito ribellstico che in quegli anni portava tanti giovani a scelte sempre più radicali.
Mettere sullo stesso piano le manifestazioni antifranchiste e l’amore per Margalida, il legame strettissimo con le quattro sorelle e la tentazione delle armi, l’amore per il rock (in colonna sonora si sentono, tra gli altri, Leonard Cohen e Bob Dylan, i Jethro Tull e i King Crimson) e quello per l’ex fidanzata Cuca, le convinzioni antifranchiste e la paura di morire non vuol dire «tradire» la realtà storica ma cercare di usare il cinema per scavare dentro le tante contraddizioni di una vita che a 26 anni è obbligata a confrontarsi con la morte.

 

promo

Siamo in Spagna tra il 1973 ed il '74 e Salvador è Salvador Puig Antich, l'ultimo condannato a morte per motivi politici del regime franchista. II film racconta i disperati e inutili tentativi per salvarlo di amici, parenti e avvocati.
«La storia di Salvador è parte di quella dei catalani e di chi vive a Barcellona. Avevo 17 anni quando è stato mandato alla pena di morte. Per me raccontare la sua vicenda, così universale, è stato un dovere: un richiamo alla giustizia, alla libertà, come atto di opposizione alla pena di morte». Così racconta Manuel Huerga, 49 anni, barcelloneta, documentarista musicale, autore di questo pamphlet che passa anche attraverso un soundtrack "mirato", dai Jethro Tull a Dylan e Cohen. «Avrei voluto inserire anche pezzi di Springsteen, per far capire meglio ai ragazzi di oggi che non si tratta di fatti così lontani nel tempo».

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