Le cronache di Narnia: il leone, la strega e l'armadio |
Esiste
uno spazio principe per la fiaba cinematografica? Papà Disney ci aveva
insegnato che niente poteva dare pregnanza al mondo delle favole come il
cartone animato e solo Judy Garland e l’estro di Victor Fleming avevano
provato a contraddirlo (Il
mago di Oz). Dalla fine degli anni
70 storie più complesse e dark hanno però varcato le soglia
dell’immaginario collettivo percorrendo i sentieri della fantascienza (E.T.
e
Star Wars)
e dell’incontaminato regno della fantasy: da
I banditi del tempo
a
Legend, da
Ladyhawke a
Willow, dalla
Storia Infinita
a quella
Fantastica…
Quello che poi accadrà lì, nel regno di Narnia, è poca casa al confronto. E in tal senso emergono i limiti del lavoro di Adamson. Se Lewis coevo e amico di Tolkien, aveva stupito il mondo letterario di allora con la grandiosità del suo universo fantastico in cui albergano animali parlanti, centauri, unicorni, minotauri, grifoni, Narnia-il film ha alle spalle una ricca tradizione fanta-cinematografica per cui è arduo creare ancora innovazione e stupore. Ma se la fascinazione langue e il ritmo non sempre è all’altezza, sono davvero suggestivi gli ambienti e i personaggi (dal fauno Mr. Tumnus agli intrepidi castori) che abitano lo schermo magico di questo Natale. Natalizia non è infatti solo l’uscita nelle sale della pellicola della Disney, ma pure i riferimenti narrativi che vedono il gelo imperante su Narnia quale maleficio della Strega Bianca che ha esiliato, assieme ai colori della natura, anche Babbo Natale e la sua slitta carica di doni. Il fulcro del racconto è comunque nel ritorno del re, il leone Aslan, che radunerà l’esercito dei buoni, darà coscienza e coraggio ai quattro fratelli, si immolerà per salvare Edmund, tornerà in vita per partecipare alla battaglia finale e divorare la perfida Regina delle Nevi.
Adamson ha ben imparato la lezione dell’epica degli scontri (da Braveheart a Il Signore degli Anelli), ama dare potenza allo sguardo del cinema con inquadrature a perpendicolo, cala la cinepresa, con improvvisa efficacia, a ridosso dei protagonisti; lo sostengono la sempre perfetta aderenza del cast e le incredibili potenzialità della computer-graphic che sa che disegnare Aslan con strepitoso realismo. Ma il tocco fiabesco trova suggello nella breve sequenza che riemerge mentre già scorrono i titoli di coda: ricordate l’occhio languido del padre di Wendy ne Le avventure di Peter Pan? Per non perdere l’innocenza della propria infanzia e non emarginare il proprio alter-ego fantastico, bisogna aver fiducia di ritrovare, ad ogni età, la porta magica del nostro armadio dei sogni.
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ezio leoni - La Difesa Del Popolo 1 gennaio 2006 |
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