Corpo celeste
Alice Rohrwacher
- Italia/Francia/Svizzera
2011
- 1h 40' |
Alice
Rohrwacher, sorella dell'attrice Alba, si va ad aggiungere a un parco
esordienti che negli ultimi anni ha regalato al cinema italiano diverse
belle scoperte.
Corpo celeste,
passato alla prestigiosissima Quinzaine di Cannes, è uno dei migliori
esordi di questi anni. Non solo per la storia che racconta, ma proprio per
lo stile che la giovane regista abbraccia con coerenza dalla prima
all'ultima inquadratura. A un primissimo, superficiale sguardo
Corpo celeste
potrebbe sembrare un film-Dogma. Per fortuna non lo è [...] In realtà il
Dogma non era affatto un'invenzione, ma un astuto riciclaggio di formule
estetiche e narrative che il cinema, in modo non programmatico, utilizza
da sempre. Usare la macchina a mano, tenere l'immagine lievemente in
bilico, montare in modo non convenzionale non significa essere dogmatici:
potrebbe significare essere, più nobilmente, rosselliniani [...]
Alice Rohrwacher padroneggia benissimo questa esile trama, trascinandoci
in un mondo - la parrocchia, le lezioni di catechismo, i rituali di una
Chiesa provinciale e 'minima', non quella solenne di Habemus
Papam ma altrettanto intrusiva - che
lei stessa osserva con sguardo laico, non partecipe ma nemmeno giudicante.
È un altro film sulla fede, e non c'è da meravigliarsene: nel paese del
Vaticano anche i laici devono fare i conti con la Chiesa, ed è
interessante che sappiano farlo raccontando storie universali, senza
ricorrere a un'iconoclastia modaiola. |
Alberto Crespi - L'Unità |
Diretto
da una documentarista che guarda allo stile dei Dardenne
e
prima di girare ha esplorato a lungo quel mondo. Per raccontarlo con gli
occhi innocenti quanto acuti della piccola Marta (Yle Vianello), 'emigrata
di ritorno' con la sua famiglia in Calabria [...] Crisi spirituale,
mercificazione, corruzione, resa generalizzata al consumismo, anche in
materia di fede. In quella parrocchia di provincia c'è tutto il peggio del
nostro paese, dai bambini che fanno catechismo (anzi 'Katekismo') a colpi
di quiz, alla canzoncina 'Mi sintonizzo con Dio', al parroco
maneggione (Salvatore Cantalupo) che vuole sistemare in chiesa un
'crocifisso figurativo' all'antica al posto dell'attuale mostruosità
fluorescente. E magari ingraziarsi il vescovo per farsi trasferire in una
sede più prestigiosa. Ma
Corpo celeste
(il titolo viene da Anna Maria Ortese) non è un j'accuse o un banale
referto sociologico; la prima dote della neoregista è lo sguardo partecipe
che posa sui suoi personaggi, dalla spaesata Marta a sua madre (Anita
Caprioli), l'unica che sa amarla e capirla, all'ingenua Santa
(l'efficacissima non attrice Pasqualina Scuncia), la catechista che
prepara i ragazzi con lo zelo e la goffa innocenza di chi è troppo parte
di un mondo per coglierne l'assurdo. Ma del film restano negli occhi
soprattutto gli spazi: gli osceni cavalcavia della città moderna; la
fiumara-terra di nessuno, unico luogo in cui sembra pulsare un po' di vita
vera, paradossalmente; i tornanti che portano al paesino fantasma dove il
parroco va a prelevare il famoso crocifisso e Marta capirà di colpo molte
cose, del mondo e di sé (fulminante apparizione di Renato Carpentieri,
prete semicieco, che parla a Marta del vero Gesù). Con atmosfere e
sentimenti che a tratti evocano i film dell'argentina Lucrecia Martel (La
cienaga,
La niña santa), ma
scoprono un pezzo di Italia ancora mai visto al cinema. |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
Dire
che
Corpo celeste
è un film sulla chiesa oggi sarebbe rinchiuderlo in un'etichetta molto
limitante. La chiesa c'è, c'è quella parrocchia, ci sono i sintomi della
sua inadeguatezza rispetto al presente, come accade a Santa la catechista
piena però di buone intenzioni e allo stesso parroco con le sue ambiguità,
ma sembra anche l'ultimo luogo rimasto in cui trovarsi e 'inscenare' il
rito collettivo della comunità con cui opporsi all'anonimato. Quel
microcosmo racconta il nostro tempo, parla di noi, del presente, è
l'Italia in cui viviamo (e non solo) fatta di tv e indifferenza -
agghiacciante la spiegazione di una zia di Marta che compra il pesce
dell'Atlantico perché quello del Mediterraneo potrebbe mangiare i cadaveri
dei migranti, ma l'allenamento di cui dicevamo fa sì che Alice Rohrwacher
non sia mai programmatica, il suo parlare del tempo è cinema, è un
personaggio, che ama senza identificazione, con una scelta anche qui molto
chiara di ruoli e di narratività. |
Cristina Piccino - Il Manifesto |
promo |
Marta ha
tredici anni e, dopo averne passati dieci con la famiglia in
Svizzera, è tornata a vivere a Reggio Calabria, la città dov'è
nata. Subito si confronta con un mondo sconosciuto diviso tra
ansia di consumismo moderno e resti arcaici. Inizia, così, a
frequentare il corso di preparazione alla cresima, cercando nella
parrocchia le risposte alla sua inquietudine. Incontra don Mario,
prete indaffarato e distante che amministra la chiesa come una
piccola azienda, e la catechista Santa, una signora un po' buffa
che guiderà i ragazzi verso la confermazione. Ma capirà presto che
deve cercare altrove la sua strada... Colpisce nel segno
l'esordiente 28enne Alice Rohrwacher, disincantata osservatrice
del Malpaese, dove sacro e profano si mescolano in un tripudio di
incoscienze e di buona volontà. Un film dallo sguardo maturo, di
bellezza cristallina, da ammirare e ricordare. |
cinélite
TORRESINO
all'aperto:
giugno-agosto
2011
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