da La Repubblica (Roberto Nepoti) |
Siamo a La Ciénaga, la cittā della provincia argentina cui Lucrecia Martel aveva giā intitolato il suo film d'esordio. E' inverno. Per strada si formano folle intorno a un uomo che suona, senza toccarlo, uno strano strumento. In un hotel fatiscente, dove si svolge un congresso di medici, l'adolescente Amalia subisce una duplice iniziazione: mentre i desideri sessuali le si risvegliano nel corpo, lo spirito č invaso da un tumulto mistico; il sacro si confonde con l'erotismo, che trascolora a sua volta nella metafisica. Quando la fanciulla scopre nell'uomo che l'ha molestata per strada il dottor Jano, ospite dell'albergo, in lei prende forma il fantasma di una vocazione salvifica; una volontā oscura di redimerlo, anche contro la sua volontā. La niņa santa non č un film "sulla" pedofilia; anzi, non č neppure un film su "qualcosa" di preciso; il che gli conferisce un fascino tutto particolare, strano, misterioso e opaco. Come ne La Ciénaga, la Martel riesce a instaurare - contemporaneamente - un'atmosfera di malessere e un'oppressione dolciastra, gravida di sensualitā. E lo fa non per via di temi e situazioni, ma con la forza della sola regia: giochi di sguardi, contrappunto di gesti, una precisione quasi maniacale nel comporre l'inquadratura, il potere evocativo dell'illuminazione. Nulla č spiegato nel film, nessuna vocazione pedagogica inquina la perfetta ambiguitā di personaggi (Amalia, l'enigmatico dottore tentato da lei, ma innamorato di sua madre.) né l'omogeneitā di un cinema fatto unicamente di sensazioni: tanto che vien voglia di nominare Luis Buņuel. Lucrecia non tira conclusioni. Dopo cento minuti di piani ravvicinati, se ne esce con un'ultima inquadratura "totale" in piscina, lasciandoti un senso di squisita incompletezza. Un po' frustrante, forse; ma che si scava uno spazio persistente nella memoria. |
TORRESINO
- gennaio 2005
i giovedė del
cinema
invisibile
TORRESINO
febbraio-aprile 2005
minipersonale LUCRECIA MARTEL