Caramel
Nadine
Labaki
- Francia/Libano
2007
- 1h 36'
|
Cinque
donne, un salone di bellezza, un labirinto di contraddizioni chiamato
Beirut, un mondo in cui shampoo e cerette si intrecciano a codici e tabù
ora cristiani ora musulmani, e a una visione molto complicata e molto
mediorientale della bellezza, della femminilità, della famiglia... È
Caramel,
esordio-rivelazione della 37enne Nadine Labaki, anche protagonista nei
panni della proprietaria del salone, centro di un mondo in cui talvolta è
difficile distinguere fra desideri e realtà, ma come in certi musical
francesi tutto sembra poter succedere o almeno aggiustarsi alla meno
peggio. Fino a far soffiare su questo carosello di amori impossibili,
passioni senili, omosessualità repressa, chirurgia estetica, cliniche per
ricostruire la verginità, la brezza di un colorato, doloroso ottimismo.
Con qualche piccola concessione al gusto globalizzato delle nuove "soap".
Ma anche molte finezze inattese nella costruzione del racconto e nella
scelta felice di attrici tutte non professioniste ma vivaci, coraggiose,
convincenti, affiatatissime. |
Fabio Ferzetti – Il
Messaggero |
Sapete qual
è il film più divertente del Natale 2007? È
Caramel.
Non c'è Christian De Sica, ma c'è una protagonista la cui bellezza oscura
quella della moglie, pur bellissima, del film di Pieraccioni. È un film
libanese, e già questa è una notizia: pochissimi film medio-orientali
escono nei nostri cinema. È un film diretto (e interpretato) da una donna,
cosa che in Libano non è una novità - qualcuno ricorderà i notevoli film,
documentari e non, diretti dalla libanese Jocelyn Saab negli anni 70. La
vostra nuova attrice preferita- se andate a vedere
Caramel
lo diventerà, state tranquilli - si chiama Nadine Labaki. Come interprete
è molto nota sulle sponde Est e Sud del Mediterraneo, come regista è
un'esordiente, ma il film ha avuto un grande successo al festival di
Toronto ed è andato molto bene in Francia, paese cinematograficamente più
civile del nostro.
Caramel
è una commedia ambientata in un salone di bellezza: il titolo deriva
dall'uso del caramello per la depilazione femminile. Il soggetto non è
nuovissimo: qualche anno fa, in Francia, fece furore Venus Beauté, film
tutto al femminile anch'esso, guarda caso, diretto da una donna l’attrice,
Tonie Marshall. Naturalmente Nadine Labaki trasporta il soggetto nel
contesto del Libano, dove la coesistenza fra cristiani e musulmani - a
loro volta frammentati in una miriade di etnie - è storicamente difficile.
Di qui il personaggio di Nisrine (interpretata da Jasmine Elmasri), socia
nel salone della proprietaria Layale (la stessa Labaki): una ragazza
musulmana, fidanzata ma non vergine, che ha il tremendo problema di
confessare il suo «passato» al suo ragazzo e alla sua famiglia
super-tradizionale; ma anche i problemi di Layale, corteggiata da un
poliziotto ma propensa a una condizione di single che agli occhi di tutti
appare scandalosa.
Caramel
usa l'unità
aristotelica di luogo per raccontare le storie quotidiane di un gruppo di
donne libanesi, nella Beirut piccolo-borghese di oggi. Spiega Nadine:
«Tutti pensano che il Libano sia un'eccezione nel Medio Oriente, che sia
molto più libero e moderno di altri paesi islamici. In parte è così, ma è
vero anche il contrario. La cultura è ancora molto tradizionale, la
religione è opprimente, e le donne hanno sempre paura di contraddire il
proprio ruolo di mogli e di madri. Il mio film racconta questa paura». La
cosa bella è che lo fa con toni da commedia popolare, con un umorismo
solare e concreto. Un film da vedere. |
Alberto Crespi –
L’Unità |
promo |
In un salone di
bellezza di Beirut, le donne, finalmente sole, mentre si depilano
con il caramello, parlano distrattamente dell’amore e degli
uomini, che raramente sono buoni; e comunque per capirli bisogna
aprirli, come i cocomeri... Il tema anche metaforico dell'
estetismo (curarsi fuori per migliorare dentro) porta le ragazze
alla sincerità: il film è corposo e sensuale come un
massaggio-messaggio con panno caldo e la giovane Nadine Labaki,
autrice e attrice, costruisce il suo racconto come una
conversazione perplessa sul senso della vita e sull'avara speranza
dell'arrivo di una fragile felicità. |
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