Cacciatore di teste (Le Couperet)
Constantin Costa-Gavras - Belgio/Francia/Spagna 2005 - 2h 02'

«Dovremmo combattere insieme, invece di scannarci per le briciole»

da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro)

           Anche i borghesi piangono. E diventano poveri, realtà di tutti i giorni, anche italiana.  Nel perfido e intelligente film di Costa-Gavras, tratto da un giallo di Donald Westlake, un manager dell' industria cartaria licenziato per esubero multinazionale, per evitare la concorrenza, decide di uccidere spietatamente, complice il fermo posta, i quadri sul mercato al suo livello, killer spietato ma di una commedia nera degli equivoci, mantenendo in casa il ruolo nevrotico ma innocente del buon padre e marito. Anche per merito del bravo Josè Garcia, che fa del male con gran naturalezza come una brava persona travolta dalla solitudine, il film svolge la sua paradossale tesi, fino al finale aperto e pessimista, col professionismo di un autore impegnato (Z, La confessione) che raggira un tema morale in scorciatoia sindacale come un altro dramma sociale, A tempo pieno di Cantet.

da La Repubblica (Paolo D'Agostini)

        Di variazioni sul tema ne abbiamo viste diverse al cinema. Il tema, sociale ma riguardante i "colletti bianchi" e non più la classe operaia, è quello dell'improvvisa perdita di lavoro, status, benessere: e delle reazioni. Tra i precedenti contiamo Americani ('92) dove, da una commedia di David Mamet, i venditori Jack Lemmon, Al Pacino, Alec Baldwin e Alan Arkin si fanno la guerra tra loro quando il posto è in pericolo. Contiamo l'italiano Volevo solo dormirle addosso con Giorgio Pasotti che taglia teste per evitare di perdere la propria. Contiamo infine A tempo pieno del francese Laurent Cantet ispirato alla vera vicenda di un tale che ha finto per anni con la famiglia prima del tragico epilogo, e sul versante comico il nuovissimo Dick&Jane con Jim Carrey che abbraccia la professione di ladro.
In
Cacciatore di teste Costa Gavras intesse un racconto morale e fantasociale. Mette in scena la vicenda di un tecnico altamente specializzato che a quarant'anni si trova fuori dalla porta e reagisce uccidendo uno a uno i possibili rivali, i suoi parigrado tra gli altri disoccupati dello stesso ramo, coloro che potrebbero essere di ostacolo al suo reinserimento. Freddamente perché ritiene di agire in nome di un proprio diritto, e maldestramente perché non è un criminale. Nascondendo e mentendo alla famiglia. E la "morale" inquietante risiede nella piega che prendono i fatti, nell'esito a sorpresa. La ferocia è tra noi, diversamente da quella dei lager non serve solo a sopravvivere ma anche a conservare il superfluo, destinato a pochi sulla pelle dei tanti.

TORRESINO - marzo 2006
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