Blue Jasmine
Woody Allen - USA 2013 - 1h 39'

miglior attrice protagonista (CATE BLANCHETT)


     Riconoscere che un film è di Woody Allen in fondo è facile, bastano i titoli di testa in carattere Garamond, sempre bianchi su fondo nero, con armonie swing-jazz a corredo. Individuare il suo tocco d'autore nella struttura stilistico-narrativa di un film è invece operazione critica più complessa. Nel nuovo Blue Jasmine i "segnali" ci vengono dal blaterare compulsivo della protagonista che arriva in aereo da New York a San Francisco, dal suo caricaturale imbarazzo mentre si accasa presso la sorella Ginger, dal "teatrino" di grana grossa che portano in scena l'ex marito e il nuovo fidanzato di quest'ultima. Ma per il resto il taglio di quest'opera n° 47 è lontano sia dalla comicità arguta degli inizi, sia dalle sfaccettate, amabili introspezioni che hanno ravvivato la filmografia del nostro Woody da Io a Annie a Anything Else. Se Match Point era stata una sorpresa "in giallo" dove cinismo e ipocrisia (al maschile) erano la carta vincente, qui il ritratto di Jasmine che si configura sullo schermo è quello di una donna depressa e disperata (qui blue sta per triste), inesorabilmente ancorata ad un agiato passato che ormai l'ha abbandonata.

Così come l'ha lasciata il marito Hal, farfallone e truffatore, che ha chiuso i suoi conti con le finanze dopate dei suoi affari impiccandosi in una cella. Per questo ora cerca rifugio da Ginger alla quale la vita ha assegnato un destino di basso profilo: entrambe adottive le due sorelle crescendo si sono sintonizzate su lunghezze d'onda sociali ben diverse. Jasmine (Janette era troppo poco trendy...) ha creduto di incontrare il vero amore in Hal (romanticamente, sulle note di Blue Moon) e ha in ogni caso avuto il privilegio di una vita agiata nella New York bene; Ginger non ha trovato di meglio che sposarsi a San Francisco con Augie, un muratore tanto rozzo quanto ingenuo (i soldi vinti alla lotteria li aveva affidati al cognato e sono svaniti nel nulla). Ora è divorziata, lavora come cassiera in un supermercato e il nuovo fidanzato è ancora più cafone di Augie…


Ma Ginger ha un cuore d'oro e accoglie amorevolmente Jasmine, evidentemente depressa, ridotta a parlare da sola guardando nel vuoto, con le crisi di panico alleviate solo da Xanax e Vodka Martini. L'intreccio di situazioni passate e presenti, l'altalenarsi di tormentati stati d'animo sgorgano da un continuo emergere di ricordi e flashback che rendono il personaggio di Jasmine sempre più frastagliato, messo a nudo sotto il nostro sguardo insieme compassionevole e infastidito. Jasmine si aggrappa disperatamente al suo snobismo, vive la sua nevrosi come una tappa di passaggio in attesa di una imminente "redenzione" esistenziale. La sua vita è artificiale e artificiosa, e lei, che non sa che leggere il presente se non in funzione di un passato nostalgicamente gratificante, non può che giudicare con sufficienza e disprezzo quella di Ginger. Così non fa che mentire a se stessa, al suo cuore e a quanti l'avvicinano. Non c'è sbocco per il suo fallimento (di cui, scopriremo, è stata impulsiva artefice), non c'è speranza per Jasmine perché la menzogna genera solo delusione e rifiuto.

Quella di Allen è un'amarezza contagiosa che prende solo in parte spunto dalla crisi economica americana, ma che scava nel profondo della precarietà esistenziale della upperclass che ha plasmato Jasmine. L'intensa credibilità di cui il personaggio via via si arricchisce è certamente merito anche di una straordinaria Cate Blanchett (l'oscar sarà suo, crediamo), ma tutte le interpretazioni che le fanno cornice sono azzeccate e funzionali, a partire da quelle del marito Alec Baldwin e della sorella Sally Hawkins (la ricordate in La felicità porta fortuna e in We Want Sex?).
Infine, a margine, una considerazione musicale. I riferimenti delle colonne sonore di Allen spaziano sempre nel "classico", ma questa volta avrebbe potuto sbilanciarsi in una citazione folk/rock. "Come ci si sente a essere soli con se stessi, senza una casa dove andare, una completa sconosciuta, come una pietra che rotola?". La dylaniana Like a Rolling Stone calza a pennello per Jasmine.

ezio leoni - La Difesa del Popolo - 22 dicembre 2013

promo

Dopo aver visto il suo matrimonio distrutto e la sua agiata esistenza completamente compromessa, Jasmine lascia New York per trasferirsi a San Francisco. Stabilendosi nel piccolo appartamento della sorella Ginger, Jasmine tenterà di fare ordine nella sua vita... Quella di Allen è un'amarezza contagiosa che scava nel profondo della precarietà esistenziale della sua protagonista. Jasmine non fa che mentire a se stessa, al suo cuore e a quanti l'avvicinano: non ci sarà sbocco per il suo fallimento perché la menzogna può generare solo delusione e rifiuto. L'intensa credibilità di cui il personaggio via via si arricchisce va a merito anche di una straordinaria Cate Blanchett e tutte le interpretazioni che le fanno cornice sono azzeccate e funzionali, dal marito Alec Baldwin alla sorella Sally Hawkins.


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