Ridley Scott
ha diretto magnificamente un film di guerra unico,
senza tregua, feroce, su una delle forme di conflitto più contemporanee:
l´intervento armato pretestuoso e prepotente, lo scontro bellico non
dichiarato ma guerreggiato, la lotta militare che oppone le notevoli
«forze di pace» internazionali a gruppi di guerriglia minimi e male armati
d´Asia e d´Africa. Dopo l’11 settembre i commando angloamericani sono
tornati in Somalia, alla caccia di sostenitori di Al Qaeda, di terroristi
complici di Osama bin Laden. Nove anni fa, nell´ambito della missione
Restore Hope, la Delta Force e i Ranger americani erano in Somalia alla
caccia di due accusati di complicità con Mohamed Farah Aidid: l´impresa si
concluse con un fallimento nauseante e sanguinoso. L´Operazione Irene a
Mogadiscio, il 3 ottobre 1993,
fu lo scontro più distruttivo affrontato da
militari americani dopo il Vietnam: oltre cinquecento morti e feriti
somali, tra miliziani e popolazione civile; diciotto militari americani
uccisi e settantatre feriti; i cadaveri mutilati di due soldati americani
trascinati per le strade della città; il conclusivo ritiro delle truppe
americane dalla Somalia ordinato da Clinton. Il film, tratto dal
best-seller di Mark Bowden pubblicato nel 1999, pure intitolato Black
Hawk Down (Falco Nero giù, un elicottero abbattuto), girato in
Marocco, recitato benissimo, fotografato benissimo da Slawomir Idziak,
montato dal bravissimo Pietro Scalia, ha qualità ed efficacia eccezionali.
Ridley Scott ha eliminato tutto ciò che non fosse pura guerra, violenza,
scontro. Nessuna pausa, nessuna parentesi, nessuna battuta al momento dei
pasti, nessun sentimentalismo: soltanto una perenne immersione in
combattimenti sempre più brutali. La materia barbara del racconto non
contrasta con l´eleganza formale delle immagini, anzi ne acquista forza:
pure la costruzione delle inquadrature è perfetta e grandiosa, nel film di
guerra più realista e più emozionante dell'ultimo tempo.
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