A proposito di Davis (Inside
Llewyn Davis) |
Gran Premio della Giuria a CANNES |
Originari del Minnesota proprio come Bob Dylan, Joel e Ethan Coen rendono maggio al Menestrello fin dal manifesto del loro film A proposito di Davis. Che cita la copertina di Freewheelin, suo secondo album (1963) e primo contenente solo sue composizioni, tra queste Blowin 'in the Wind. Stesso sfondo di una strada del Village, stesse auto datate anni 50, in ambedue i casi un giovane uomo scapigliato che cammina stretto nella sua giacchetta sportiva malgrado il freddo inverno newyorkese. Ma mentre Bob avanza abbracciato a una ragazza, Oscar Isaac - l'attore e cantante che interpreta il personaggio di Llewyn - tiene una custodia di chitarra in una mano e regge un gatto nell'altra. I due quasi infallibili fratelli (hanno mai sbagliato un film?) rivolgono la loro premurosa attenzione a una storia, a un clima, a un ambiente che probabilmente oggi solo un manipolo di cultori conosce o ricorda. Il Greenwich Village newyorkese dei piccoli caffè e club che ospitavano le esibizioni di quei giovani cantanti e musicisti, dei quali per la maggior parte non è rimasta traccia, che avevano animato il revival della tradizione folk americana negli anni 50. Il punto di riferimento ispiratore, liberamente, è nella figura del folk-singer Dave Van Ronk e nella sua biografia scritta dall'amico giornalista Elijah Wald. Hanno concentrato l'attenzione su un trascurabile episodio, quello del cantante che viene picchiato nel vicolo dietro un locale, e sono partiti da lì per costruire la loro storia usando quell'episodio come partenza e arrivo di un viaggio circolare. Un viaggio che accompagna pochi giorni nella vita di un cantante folk puro (ma forse, anche, non così dotato come crede di essere), che vuole essere molto rappresentativo del dilemma morale che faceva inorridire molti come lui di fronte all'eventualità di commercializzarsi, nell'anno 1961. Lo stesso anno che, con l'apparizione e la prima esibizione in pubblico di Bob Dylan ventenne - sbarcato a New York per conoscere il suo idolo Woody Guthrie - avrebbe segnato uno spartiacque e un passaggio epocale poi culminato con la rottura tra Dylan, diventato intanto una popstar, e il movimento politico-artistico folk tradizionale. Anche se questa dei Coen non è un storia strettamente biografica ma d'invenzione, essi hanno scelto uno stile e una via molto filologici. Hanno voluto che il film rispettasse rigorosamente alcuni canoni nelle scelte musicali. Hanno voluto molte esecuzioni integrali, eseguite dal vivo. Impegnando a fondo i principali interpreti (...) Figure e figurette che affollano il film, dal 'vecchio' jazzista drogato di John Goodman al manager di Murray Abrahams all'irresistibile coppia del vecchio impresario imbroglione con la sua attempata segretaria (molto woodyalleniani), pescano tutte nel bagaglio reale. Per comporre un quadro nostalgico, affettuoso, malinconico, la fotografia di un passaggio d'epoca. Che, lasciando dimenticare innumerevoli destini di ambizione delusa, avrebbe introdotto gli 'anni 60' così come si sono poi imposti universalmente. Occhio all'ultima scena nel club, a chi di sfondo sale sul palco e comincia a suonare e cantare con quella voce che avrebbe segnato per sempre l'immaginario globale. |
Paolo D'Agostini - La Repubblica
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L'ispirazione viene da Manhattan Folk Story (BUR), interessante raccolta di memorie (a cura di Elijah Wald) del cantante-chitarrista newyorkese Dave Van Ronk che, pur non avendo mai conquistato la fama del collega e amico (almeno della prima ora) Bob Dylan, è considerato uno dei pionieri del rinnovamento del folk. Ma A proposito di Davis dei Coen è tutt'altra cosa dal libro. E' un film personalissimo dove lo spaccato di certa scena culturale e politica del 'Village' è come alluso, o meglio sublimato a livello di atmosfera, di temperie d'epoca tramite un sotteso tessuto di rimandi (Kerouac, Capote); è una commedia nera giocata nel registro kafkiano congeniale agli autori e popolata dei loro tipici personaggi: a partire dall'inesistente musicista del titolo, il quale più che a Van Ronk somiglia a Barton Fink. La prima immagine è un microfono, poi nel campo visivo entra il volto di un giovane barbuto che accompagnandosi con la chitarra canta la struggente Hang Me, Oh Hang Me. Siamo nell'inverno 1961, il luogo è il Gaslight Café - storico locale del Greenwich che ora non c'è più - e il tizio in questione è Llewyn Davis, di cui ci apprestiamo a seguire i vagabondaggi (...). Usando uno schema circolare (la fine coincide con l'inizio), i Coen imbastiscono il film in soggettiva sull'inquieto girare a vuoto del protagonista - a un certo punto con l'ingombrante compagnia di un gatto che dovrebbe riportare ai proprietari - cosicché la nota dominante è quella onirica (bella fotografia di Bruno Delbonnel). In ogni caso il quadro resta costantemente irradiato dalla scontrosa umanità di Llewyn che Oscar Isaac (nominato ai Golden) incarna con padronanza e sensibilità, interpretando lui stesso brani d'epoca arrangiati dal grande T Bone Burnett. In Usa il film ha avuto un'uscita di nicchia ed è entrato in gara per gli Oscar solo in due categorie minori, però per molti (fra cui noi) è uno dei migliori titoli della stagione. |
Alessandra Levantesi Kezich - La Stampa
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A proposito di Davis, premiato a Cannes con il Gran Premio della Giuria e ingiustamente bistrattato agli Oscar (...) si collega idealmente al precedente A Serious Man, di cui sembra un prodromo in chiave musicale (...). E di cui riprende soprattutto la visione sarcastica e per niente appacificata del mondo esterno. Llewyn Davis, a cui offre il volto e il canto un ottimo Oscar Isaac, è un giovane che non vorrebbe seguire la strada paterna - un marinaio ormai in pensione - ma vivere grazie alla musica folk. E nella prima scena lo vediamo cantare Hang Me, Oh Hang Me (letteralmente: 'Impiccami, oh impiccami') al Gaslight, uno dei locali del Village newyorkese dove i nuovi talenti cercavano il proprio pubblico. Inizia qui una specie di «odissea» in miniatura di cui capiremo le corrette coordinate cronologiche solo alla fine del film, quando lo rivedremo esibirsi alla chitarra e cantare la stessa canzone, quando capiremo perché un «conoscente» lo aspetta fuori per riempirlo di botte e soprattutto quando scopriremo che dopo di lui si esibisce un altro «sconosciuto» che canta Farewell accompagnandosi con una chitarra ma anche con un'armonica a bocca e ha una curiosa zazzera di capelli riccioluti, oltre a un profilo destinato a diventare famoso... Un cerchio narrativo che assomiglia di più a una spirale, dentro cui vediamo Davis precipitare ogni momento un po' di più: una specie di maledizione kafkiana (...). A questo punto sarebbe un torto dire che il personaggio reale a cui Llewyn Davis rimanda sia Dave Van Ronk, la lettura della cui autobiografia Manhattan Folk Story (...) ha fatto scattare nei fratelli Coen l'idea di questo film. Piuttosto quell'artista, «colonna portante della rinascita folk degli anni Sessanta, autore e arrangiatore raffinato» ha aiutato i due fratelli registi a dare forma cinematografica alla loro passione musicale, che aveva già avuto modo di estrinsecarsi nel 2000 con Fratello dove sei? (centrato però soprattutto su sonorità bluegrass e gospel). Una passione che in A proposito di Davis è stata poi declinata con quella malinconia fatta di disincanto e di sarcasmo che sta diventando l'autentico segno di riconoscimento dei Coen. Perché le grigie e fredde giornate newyorkesi (con una indimenticabile parentesi a Chicago in compagnia di un «wellesiano» John Goodman) durante le quali Davis cerca invano un po' di comprensione - familiare, sentimentale, musicale o solo alimentare fa poca differenza - diventano pian piano le stazioni di una labirintica via crucis laica, dove tutto e tutti sembrano remare contro. I ricchi amici ebrei che non rispettano la sua «arte», il vecchio padre che riesce a malapena ad articolare un mezzo sorriso dopo aver sentito il figlio dedicargli una canzone, la sorella che si preoccupa solo di difendere le orecchie del figlio dal suo parlare colorito, l'amica incinta (una Carey Mulligan in un geniale contro-ruolo) che gli rovescia addosso tutto il suo disprezzo, l'amico cantante (Justin Timberlake) che compone canzoni orecchiabili solo per cercare il successo... E via di questo passo, in un mondo dove la passione e l'entusiasmo sembrano aver perduto ogni significato e tutto sembra andare a rotoli. Per ritrovarsi alla fine esattamente all'inizio, come se nessuno sforzo e nessuna scelta potesse davvero cambiare il proprio percorso. Mentre l'elegante e raffinato disincanto dei Coen si ingegna a rendere ironicamente divertente il destino di un eterno sconfitto. |
Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera |
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Nel 1961 Llewyn Davis (Oscar Isaac) è uno spiantato musicista folk di New York, la cui vita è al bivio. Alle prese con la quotidiana sopravvivenza, con la sua chitarra al seguito lotta durante un rigido inverno contro gli ostacoli insormontabili che gli impediscono di diventare il musicista che vorrebbe. Alla mercé di amici e di estranei, Llewyn si muoverà dal Greenwich Village a un vuoto club di Chicago con la speranza di ottenere un provino con il magnate della musica Bud Grossman... Joel e Ethan hanno creato uno dei loro film più personali, profondi e riusciti, con vicenda sofferta ma una sorprendente leggerezza di tono. Toccante ritratto della scena folk anni '60 A proposito di Davis è divertente e commovente, sprizza genialità da ogni poro. Se amate Dylan e i folksinger Usa, è il film della vostra vita. Se non li avete mai ascoltati, è il momento di cominciare. |
LUX - marzo 2014 |