...l'esordiente Ana Lily Amirpour (...) ha scritto e diretto un - neanche troppo - piccolo caso cinematografico, (...) il primo 'vampire western' iraniano, battezzato 'indie' al Sundance 2014 e consegnato a un destino 'cult'. (...) un miracolo in sedicesimi: assemblare il già visto, letto, sentito in qualcosa di nuovo, perché non solo meta-cinematografico, superpop e derivativo, bensì inteso a illuminare per archetipi e icone il vivere oggi in Iran o, meglio, da iraniani. Amirpour frulla tutto: il Frank Miller di Sin City e le sortite di Tarantino e Rodriguez, la prima Kathryn Bigelow (The Loveless e Near Dark) e il primo Jim Jarmusch (Stranger than Paradise), vampire movie eterodossi quali l'inarrivabile Addiction di Abel Ferrara, di cui condivide il bianco e nero iperstilizzato, e Lasciami entrare di Tomas Alfredson. Invertendo l'ordine tra graphic novel e film - qui le strisce, intitolate Death ls the Answer, sono state desunte dall'audiovisivo - rispetto a Persepolis di Marjane Satrapi (2007) e puntando molto sulla splendida colonna sonora, che mixa rock, techno e omaggi a Ennio Morricone, Amirpour ispira i personaggi 'alle icone che ho amato dagli anni Cinquanta agli anni Novanta, come James Dean, Sophia Loren e il Vampiro', ma li staglia in bianco e nero anamorfico sull'Iran oggi: la vampira, vedi Persepolis, si muove su uno skateboard avvolta nel chador, rappresentando la terra di mezzo, tra tradizione e multiculturalismo, che abitano gli iraniani esuli o, comunque, espatriati. Dove affondare i denti, da quale identità cavare sangue, ovvero, dove piazzare la macchina da presa per guardare il mondo? Con il piede in due staffe, ma un occhio risoluto nel mirino, A Girl Walks Home Alone at Night non fa sconti alle radici, alle appartenenze, al background: la regista e sceneggiatrice stigmatizza la totale assenza della Legge e delle forze dell'ordine atte a farla rispettare, perché i cadaveri vengono gettati in un fosso nell'indifferenza generale e la 'giustizia' viene regolata dalla vampira, angelo della vendetta culturale, persino antropologica (e assai femminista). (...) Amirpour ha qui dimostrato padronanza estetica, consapevolezza poetica e competenza ideologica, ora la si attende al varco dell'opera seconda... |
(Federico Pontiggia - Il Fatto Quotidiano |
Questo stravagante e talvolta affascinante bianco e nero conferma come il cinema iraniano per fortuna stia tornando libero. Lo testimonia un horror-western notturno in una città fantasma co me Sin City (...). Inseguendo sonorità rock e techno, il film (...) incrocia violenza e surrealismo, pistoleri dell'anima e del sesso, atmosfere alla Lynch, esprimendo una tensione interiore che è ovvia metafora di colpe, complessi, rimorsi rancori giganteschi che si specchiano negli sguardi di personaggi in cerca di autore e incubo. |
Maurizio Porro - Il Corriere della Sera |
promo |
Bad City, in Iran, è una città fantasma abitata da tossici, prostitute e vari individui poco raccomandabili. E' qui che si aggira un vampiro che si ciba del sangue dei reietti, fino a quando incontra una ragazza solitaria e tra i due nasce l'amore... La Amirpour prende a modello graphic novel e horror, le atmosfere oniriche di Lynch e il tenero surrealismo di Jarmush, il bianco e nero espressionista e il gotico di serie B, la musica di Morricone e l'hard rock. Sorprendente e affascinante. |