In una
Biennale Arti Visive
come quella attualmente in corso, in cui la presenza di video è
sicuramente
ridimensionata rispetto alle precedenti
edizioni, il Padiglione inglese dedica il suo intero spazio ad un artista
come
Steve Mc Queen,
che ha sempre privilegiato questo mezzo espressivo, presentando
Giardini, un
suo video di trentacinque minuti girato proprio nei Giardini della Biennale. È una Venezia decadente e romantica quella che ci viene
mostrata, dove i cani randagi sono levrieri, il Moro è un ragazzo in
jeans, il paesaggio è l’abbandono dei Giardini d’inverno. Un punto
di vista sicuramente anomalo, ma l’effetto d’insieme risulta
eccessivamente estetizzante.
Non
era alieno da una certa forma di estetismo neanche il precedente lavoro di
questo artista,
Hunger, che abbiamo avuto
modo di vedere al
festival
di
Torino e che purtroppo
sembra non aver trovato canali di distribuzione, nonostante si tratti di
un vero e proprio lungometraggio, il primo girato da
Mc Queen,
di indubbio valore artistico e di grande impatto emotivo.
Se
nel video veneziano l’estetismo risulta un po’ troppo fine a se stesso in
Hunger non è altro che
espressione della particolare sensibilità visiva dell’artista che esplora
le superfici delle pareti del carcere imbrattate dagli escrementi dei
detenuti e soprattutto il corpo del protagonista, dilaniato dalla fame,
corpo che diventa estremo strumento di protesta, luogo di un conflitto
politico.
Il film racconta infatti la storia di Bobby Sands, attivista dell’IRA,
che, detenuto nel carcere di Long Kash, nell’Irlanda del Nord, intraprende
uno sciopero della fame, che lo porterà, dopo 66 giorni, a morire, all’età
di 27 anni. Pochi mesi prima i detenuti del blocco H avevano iniziato una
dura lotta, rifiutando di vestirsi con le uniformi del carcere, coprendosi
solo con le coperte e rifiutando di lavarsi, vivendo in celle sporche di
escrementi e in condizioni igieniche assai più che precarie.
Se la prima parte del film risulta molto dinamica e ricca di azione e di
rumori assordanti, in quanto rappresenta la violenza quotidiana che
caratterizza la vita del carcere e la messa in atto delle prime forme di
“blanket protest" e “dirty protest", la seconda parte è invece dominata
dal silenzio che accompagna la discesa agli inferi del protagonista nella
sofferenza da denutrizione fatta di silenzi lunghissimi che lasciano
parlare le immagini fino alla morte. La cesura tra le due parti è segnata
da un lungo colloquio tra Bobby Sands (Michael Fassbender) e padre Dominc
Moran (Liam Cunningham), in cui le motivazioni, la disperazione, la
determinazione di Bobby Sands emergono poco a poco da un serrato confronto
dialettico.
Film duro, intenso ed epico che affronta un argomento difficile, in cui
gli aspetti storici - la guerra in Irlanda - e la tragedia personale di
Bobby Sands si mescolano, trascinando lo spettatore in un vortice di
violenza e sofferenza. Mc Queen
dimostra una perfetta padronanza del mezzo
cinematografico, di cui esplora le varie potenzialità di visione,
alternando linguaggi diversi, e controllando perfettamente il ritmo del
racconto che non può non catturare lo spettatore in un crescendo di
angoscia.
Vincitore a Cannes della Caméra d’Or nella sezione Un certain
Regard,
Hunger è uscito nelle sale
in Francia il 26 novembre 2008. La speranza è che la partecipazione al
Torino Film
Festival nella sezione
Lo stato delle cose e la menzione
ottenuta dalla giuria del Premio Collino convincano qualche distributore a
portarlo anche nelle sale italiane.
Cristina Menegolli |