VENEZIA '91
Il Leone preferisce
il romanticismo
natural-popolare
Il gioco dei premi veneziani può restare un mistero
per chi segue in televisione o sui quotidiani gli echi
ora entusiastici, ora stroncanti dei vari film che la
Mostra del Cinema mette in cartellone. Quest'anno poi ci
troviamo di fronte a ben otto premi ufficiali assegnati (senza
contare i riconoscimenti per le interpretazioni), segno
di una evidente omologazione qualitativa (che va
riconosciuta su buoni livelli), ma indice anche di una
certa incertezza decisionale nel prendere con chiara
scelta le parti di questo o quel titolo. Certo nel "listino" dei premiati ci sono (quasi) tutti i meritevoli, ma davvero nel giusto ordine gerarchico? E fino a quanto hanno pesato sulla giuria (presieduta da Gian Luigi Rondi) i giudizi squisitamente cinematografici e fino a quanto invece i meccanismi sociopolitici? Non disquisiamo sul valore profondo (ma molto profondo, quasi nascosto tra le braccia di Morfeo...) di A Divina Comedia di Manuel De Oliveira, ma se qualcosa di "speciale" si è visto a Venezia è stata la fantasmagorica messa in scena della Tempesta di Shakespeare in Prospero's Books firmato da Peter Greenaway: il Duca di Milano esiliato sull'isola ordisce le sue trame magiche di vendetta in un affollarsi barocco di fedeltà al testo e di novità scenografiche, tra la straordinaria interpretazione di John Gielgud (Prospero), la cui voce "interpreta" per buona parte del film tutti i personaggi, e lo "sfogliarsi" elettronico dei libri del titolo, depositari per Greenaway di tutto lo scibile umano. La pioggia dei Leoni d'argento ha gratificato due pellicole antitetiche, l'elitario e monocorde J'entends plus la guitare di Philippe Garrel e The Fisher King, un Terry Gillian solo a tratti ispirato, indeciso tra la sguaiatezza e le romanticherie, mentre ha davvero tarpato le ali a Dahong deglong gaogao gua (Lanterne rosse), il film della Cina Popolare accreditato da tutti come il vincitore del Leone d'oro, fino al proverbiale "tradimento finale" dei giurati. In Lanterne rosse (di Yimou Zhang, già apprezzato autore di Sorgo rosso) una giovane concubina (la quarta!) di un ricco signore scopre le gelosie e le infidie della sua nuova casa, l'ipocrita convivenza con le sue rivali in amore e la follia del tentativo di cambiare dall'interno una struttura familiare-sociale rigida e crudele. Un film rigoroso in cui al piacere di una storia compiuta e ben raccontata si affiancano i significati metaforici che nella triste fine della protagonista richiamano forse gli orrori di piazza TienAnMen. Perché allora il verdetto ha visto in vetta Urga di Nikita Michalkov ? "E' prevalsa l'idea di non dare di nuovo, a così poca distanza, il trofeo più importante ad un'opera cinese" ha dichiarato Rondi (nel 1989 vinse Città dolente di nazionalità taiwanese), ma le chance di Urga stanno non solo nel calcolo geopolitico (e non dimentichiamo che è Michalkov è un regista russo e di questi tempi...) quanto in un messaggio ecologico-romantico-popolare semplice e accattivante. Urga è il bastone con cui i pastori mongoli catturano gli animali, il bastone del potere. Ma è anche una specie di vessillo per l'intimità quando il protagonista si apparta nei campi con l'amata sposa. L'amore e l'amicizia sono i cardini di Urga, le distesa della steppa una cornice di serenità e disponibilità interiore, un luogo dove tutto può accadere, perfino che l'acquisto di un televisore sconvolga certi equilibri e ispiri incubi massmediali. Meno riuscito di Lanterne rosse il bel film di Michalkov, pecca di retorica e di ingenuità ma resta una delle opere più originali ed affascinanti della mostra, ricca di umanità, giocata con efficacia sul contrasto novità-tradizione e facilmente disponibile alla comprensione di un pubblico non superficiale. Si può anzi dire che ancora una volta, dopo il riconoscimento dello scorso anno, di Un angelo alla mia tavola, il premio più azzeccato nel proprio contesto attributivo sia stato quello dell'OCIC (Organizzazione Cattolica Internazionale per il Cinema): l'umanesimo privato e sociale è una costante nell'opera di Nikita Michalkov , Urga è una buona occasione per accostare al suo cinema gli "spettatori di buona volontà". e.l. La Difesa del Popolo 22 settembre 1991 |
LEONE D'ORO: GRAN PREMIO
SPECIALE DELLA GIURIA: LEONE D'ARGENTO: MEDAGLIA D'ORO
DELLA PRESIDENZA DEL SENATO: OSELLA D'ORO (motivazioni
particolari): ------------ PREMIO OCIC: Urga |